Perché anche altri possano scavalcare il muro.
Dall’esperienza del cancro alla guarigione, fino alla professione di life coach integrato: un viaggio oltre la paura
Sono molto felice di poter condividere con te la mia storia e spero davvero che leggerla possa esserti utile (in questo video te lo spiego in un minuto).
Sono diventata life coach integrato in seguito alle mie personali esperienze di vita e salute e agli strumenti che ho appreso per smantellare una gabbia di difficoltà e paure che credevo insormontabili e che probabilmente stai provando anche tu, se ti stai confrontando con la malattia, con un trauma o con una situazione personale che ti fa soffrire, ma in cui ti senti intrappolato senza via di fuga..
Tecnicamente infatti sono stata, tra le altre cose, una “paziente oncologica” -personalmente non mi sono mai riconosciuta in questa definizione, primo perché non sono mai stata un tipo “paziente” e secondo perché l’etichetta di “ammalata di qualsiasi cosa” non mi è mai piaciuta, ma tant’è- e alla fine del mio percorso di superamento della malattia ho trovato la mia nuova vita fatta di cura, attenzione e ascolto per chi è in cammino sugli stessi sentieri di vita e salute.
Se comprenderete che tutto cambia,
non cercherete di tenervi stretto qualcosa.
Se non avete paura di morire,
non c’è nulla che non possiate ottenere.
Prima di sciorinare il mio “curriculum da ex-paziente oncologica”, che dovrebbe -secondo il buon senso- creare fiducia tra di noi, penso sia utile parlare per un attimo dei miei incontri con la paura.
Io ho provato, in momenti diversi, le due facce della paura, quella che ti fa reagire in piena velocità per non volerla nemmeno ammettere e quella che ti paralizza e al cospetto della quale si è costretti all’ immobilità.
Del resto la scienza ci insegna che l’istinto animale che alberga in noi, risponde alla minaccia con la modalità “fight or flight” cioè “lotta o fuggi”, che tutti noi riconosciamo molto bene quando guardiamo i documentari sugli animali selvaggi alla tv.
Beh, quella è anche roba nostra.
La bella notizia è che noi abbiamo altre possibilità, che spesso, però non sospettiamo di possedere.
Certi eventi della vita arrivano forse proprio per questo, per stimolarci a evolvere, a esprimere tutto il nostro potenziale e soprattutto a tirarci fuori dai guai, malattie comprese.
Solo quando riconoscerete la malattia,
cesserete di essere ammalati.
Il saggio non si ammala
Perché sa riconoscere la malattia;
questo è il segreto della salute.

Sia ben chiaro che io tutto questo, quando mi sono trovata nel bel mezzo dell’uragano, non lo sapevo e posso aggiungere che fino a un certo punto non ci avrei nemmeno creduto, se qualcuno avesse tentato di dirmelo.
Mettiamola così, San Tommaso al mio confronto sarebbe stato un “osso meno duro”.
La mia storia inoltre non deve nemmeno trarti in inganno, alcune delle mie reazioni o delle mie molteplici “sfortune”potrebbero davvero sembrarti inverosimili e potresti veramente esclamare “ma sì, chi è, Wonder Woman?”, invece ti invito a leggerla così, più è grande la reazione, più è grossa la paura che c’è sotto.
Anche questa è una cosa che ti dico adesso, da qui, dove mi trovo ora, dopo aver dovuto ammettere che la paura ha permeato ogni mio gesto per tutta la mia vita e ancor di più era presente ogni volta che da fuori mi si vedeva forte, irremovibile, sicura e arciconvinta di avere tutto sotto controllo.
Ed è inutile dire che -se interpellata in merito- mai avrei potuto dirtelo perché io anche questo non lo sapevo, tanto la paura era profonda e nascosta dentro di me.
Anzi, adesso che ci penso, devo constatare che sono stata talmente occupata, tutto il tempo,a tentare di impedire che qualsiasi imprevisto interferisse con la mia vita, da non essermi mai soffermata a pensare realmente se tutto ciò che mi accadeva non fosse un po’ troppo per una persona sola.
Chi è flessibile si conserva integro.
Chi si piega si può raddrizzare.
Chi è vuoto si può riempire.
Chi è consumato si può rinnovare.
Il povero si arricchisce.
Il ricco resta confuso.
Ora che ti ho fornito la chiave di lettura, se hai deciso di restare e cercare di capire come la mia esperienza potrebbe esserti utile, qui di seguito puoi leggere la strada che ho camminato.
Ultima nota, ho disseminato questa strada di bottoni “se vuoi approfondire”, cliccandoli leggerai parti della mia storia che potrebbero risuonarti famigliari e le ultime soprattutto potrebbero farti intravedere “oltre il muro”.
Sono entrata in contatto col cancro 2 volte a distanza di 2 anni e mezzo, inizialmente con un approccio, da parte mia, molto simile e cioè “io non mi sposto di un millimetro”.
Mentre in questo modo, nel 2011, il cancro al seno lo avevo “messo a tacere” senza lasciare che “interferisse” in modo significativo nella mia vita lavorativa e nei miei progetti, nel 2013 le cose hanno preso una piega completamente diversa a causa della natura del secondo tumore -un desmoide al collo- e del suo assoluto rifiuto di volersi ritirare in buon ordine, come io gli intimavo di fare.
Il mio viaggio di “malattia e soprattutto guarigione” comincia alla fine del 2010 in modo molto tradizionale, da una diagnosi di TUMORE AL SENO, con un approccio protocollato: intervento nel Febbraio 2011 prima, terapie ormonali e radioterapia poi.Quasi folle il fatto che anche a mia madre sia stato diagnosticato contemporaneamente, e che siamo state operate insieme, lo stesso giorno, occupando la stessa stanza. E pensare che quell’anno l’avevo saltata la mammografia, del resto ero fresca di una dolorosa separazione che aveva decretato anche la fine delle mie speranze di poter adottare il bimbo che accoglievo ormai dal 2004 con i “viaggi di Chernobyl”.
Chi ci pensava alla “mammo”?!
Invece poi, quando qualcuna in famiglia va sotto la lente di ingrandimento, ecco che tutte le altre vengono chiamate in causa e si corre a farsi controllare.
Sinceramente poco prima di Natale è proprio una bella “rottura”, ma se non ci vai poi ti senti in colpa … e quindi vado.
Mammo ed eco in clinica perché non rientro ancora nella fascia di età per lo screening gratuito.
Del resto è da anni che facciamo prevenzione in casa mia, con un papà che è già passato dal cancro 4 volte, di cui una proprio per il seno, chi non lo farebbe?
In sala d’aspetto dopo la mammo incontro una ragazza che frequenta il mio stesso corso di pilates in palestra, anche lei lì per lo stesso motivo. Due chiacchiere poi tocca a me, entro dal medico per l’eco.
Il medico è scrupoloso, più del solito direi, il tempo passa e lui continua a guardare e a passare e a ripassare
sul seno sinistro.
Conclude e mi dice che probabilmente sarebbe meglio che andassi al CPO (centro prevenzione oncologica) dell’ospedale con i referti, ci sarà da fare un “aghino”, ci penseranno loro. Mi rivesto, esco, saluto la ragazza della palestra che sorride tranquilla, mi infilo nel corridoio e da lì in strada e mi accorgo che sto piangendo.
Ma è solo un attimo.Da subito nella mia mente alberga un solo pensiero: “niente, nemmeno il cancro, mi potrà impedire di adottare mio figlio, proprio adesso che è diventato adottabile, dopo tanti anni di attesa, proprio adesso che il tribunale dei minori mi ha informata che potrei adottarlo anche da separata”!
In questo pensiero, a posteriori, dico che c’è stata la mia ricetta.
Sono passata attraverso questa esperienza del cancro come tra le fiamme senza bruciarmi.
Il mio tumore era dimenticato, non era quasi nemmeno esistito…
Nell’anno dopo l’intervento la mia unica ragione di vita è stata proprio evitare che si sapesse che io ero una malata oncologica, cosa che avrebbe mandato nuovamente in fumo ogni possibilità di adozione da parte mia. E ci sono riuscita perfettamente.
Nel marzo 2012 finalmente, dopo 8 anni di agonia (chi ha seguito le vicende dei bambini di Chernobyl lo sa), io e mio figlio sbarchiamo a Fiumicino definitivamente e io tocco il cielo con un dito e soprattutto bacio la terra!Che dire? Un successone su tutti i fronti!
Lotta e/o ignora e stai sicuro che ce la fai! Può funzionare … ma anche no.
Il cancro torna, diverso e più subdolo, in forma rara e ridicolmente denominato “benigno, ma aggressivo”.
Era l’estate del 2013 e io stavo tentando di rifarmi una vita dopo la separazione e la malattia.
Ho ritentato le stesse carte e lo stesso atteggiamento del mio primo cancro, ma questa volta, quello che io chiamo il “grande bluff”, non ha funzionato.
Una mattina di settembre 2013, appena sveglia, mi lavo il viso, alzando gli occhi mi guardo allo specchio, intravedo un piccolo rigonfiamento nel collo a destra e penso: “chissà cos’è questa volta, che palle!”.
Un’altra “me” si guarda pure lei allo specchio e ha un solo-unico-brivido-muto. Un mese dopo, con eco, risonanza e infine biopsia, mi viene diagnosticato un tumore desmoide (Fibromatosi Desmoide Aggressiva) al muscolo sternocleidomastoideo dx, all’IRST di Meldola.
Mi sono state date poche indicazioni trattandosi di tumore benigno, ma raro e dall’andamento poco prevedibile.
La mia reazione è rabbiosa: “No, non ora, non adesso, non di nuovo. Ho appena rimesso in piedi la mia vita, il primo l’ho gestito, può capitare, ormai il cancro ce l’hanno tutti, io ho già dato, un’altra volta non voglio, non posso, ho già tutti i fastidi della terapia ormonale, non riesco ancora a dormire sul seno operato!”
Entrata nella mia cucina afferro una sedia e la scaravento attraverso la stanza urlando, vola la borsetta e tutto ciò che c’è dentro, si sfascia la sedia e pure il cellulare. Mia madre rimane pietrificata a guardarmi.
Ma è solo un attimo. Subito dopo decido di contattare la psicologa dell’IRST. “Questa volta voglio essere aiutata anche io, da sola questa non la reggo, è troppo grossa”. Non avevo mai preso in considerazione che avrei avuto bisogno di un qualche tipo di aiuto, perché io ce l’avevo sempre fatta da sola, io ce l’ho sempre voluta fare da sola.
E così inizio le mie sedute con un obiettivo molto chiaro in testa: “niente deve interferire con i miei programmi, devo farmi aiutare a trovare la maniera di gestire anche questo, IO VOGLIO VIVERE LA MIA VITA ESATTAMENTE COM’È.”Nel novembre 2013 rifiuto l’intervento. L’idea di rimanere con un forte handicap, cioè non essere più in grado di girare la testa e il timore di veder ricomparire il problema di lì a poco sulla testa o su una spalla non mi piaceva proprio.
Avevo letto i racconti di chi, operato più volte, aveva subìto infine l’amputazione di un arto a seguito del continuo ripresentarsi della malattia e per me questa opzione era inaccettabile.
Con “poche cartucce” a disposizione decido per un consulto all’INT di Milano.
Anche in considerazione della sede (collo), mi viene consigliata chemio pediatrica, 40 applicazioni con cadenza quindicinale. Mi viene spiegato che questo approccio è stato recentemente preferito dopo aver notato che il desmoide tendeva a stabilizzarsi nell’80% dei casi e anche a regredire, evitando così problemi di recidive annessi all’intervento.
“È fatta, ecco l’uovo di colombo!”
Infatti dal 2013 al 2015 la malattia sembra assecondarmi e alla fine di un anno di chemio va in regressione, ma la tregua dura solo 3 mesi, poi riparte in una inarrestabile progressione.
Questa volta sono stata messa a più riprese con le spalle al muro, paralizzata per la prima volta dalla paura e oppressa dall’ansia, senza intravedere via di uscita e alla fine sono stata costretta a mettermi alla ricerca di non sapevo proprio cosa che mi salvasse la vita e me ne lasciasse soprattutto la dignità.
Inizio la chemio a dicembre 2013, i dolori insopportabili ai nervi delle braccia mi obbligano a chiedere subito che mi venga inserito un “pic” e con esso arriva il mio nuovo “accessorio fashion”, il foulard al braccio.
Ne ho di tutti i colori, uno per ogni abito e iniziano nuove acrobazie per la doccia con cerotti e sacchetti di plastica oltre all’addio ai miei amatissimi bagni in mare per tutta l’estate.
Chi abita in una località di mare o semplicemente ama il mare come me può sicuramente capire che triste implicazione fosse quella ai miei occhi.
Nel resto della mia vita tutto prosegue come sempre, casa, lavoro, relazione. La chemio è “leggera” e io non ho nessuna intenzione di cedere nemmeno di un millimetro. Unica variazione l’alimentazione, comincio a informarmi e a leggere e decido per una netta virata al seguito del professor Berrino e l’alimentazione anticancro. Il desmoide, però non risponde, continua invece ad aumentare di volume.
Vengo informata della decisione di stoppare la chemio e contestualmente passare all’intervento, io chiedo e ottengo di non interrompere la chemio e rifiuto l’intervento. Dopo un consulto con l’INT, ad aprile 2014, la chemio passa a cadenza settimanale, la malattia inizia a rispondere, prima con stabilizzazione e poi con regressione.
Incrocio le dita e tiro dritto. Di lì a poco finisce la mia relazione iniziata circa un anno prima e all’interno della quale mi sono costretta a sforzi fisici ed emotivi colossali per tutta la sua durata, senza volerlo mai ammettere con me stessa.
Ma è solo un attimo.La mia reazione è immediata, circa due mesi dopo inizio una nuova relazione senza soffermarmi sulle cause di quell’ennesimo fallimento. Perché una cosa era certa: “io non sarei rimasta sola”.Fine chemio Novembre 2014, gli effetti collaterali sono diventati impegnativi negli ultimi due mesi, ma alla vacanza a Ischia non rinuncio, finalmente “ammollo”!
Prima RM di controllo a 3 mesi.
Nel frattempo a fine gennaio 2015, la revoca dei benefici INPS legati alla mia condizione di “malato oncologico sottoposto a cure salvavita”è per me il segnale che tutto deve tornare come prima e io sento che non ne ho la forza, tantomeno ho il coraggio di affermare chiaramente la mia impossibilità a riprendere in toto la mia vita come prima, specialmente il lavoro. Sono in fortissima sofferenza, ma non lo ammetto a me stessa e soprattutto con altri, compresa la psicologa dell’IRST . Piango con lei al telefono, ma NON CHIEDO. Vivo questa situazione con senso di colpa e senza vedere la via d’uscita, in una parola con DISPERAZIONE.
Ma è solo un attimo.
Così “ingoio” e mi immergo di nuovo nella attività lavorativa e nella mia vita con grande fatica e angoscia, quasi che la terapia fosse stata fino ad allora una comoda scusa per sfuggire al mio quotidiano di sempre.
Nel febbraio 2015 esito RM di controllo: malattia stabile, ci vediamo fra 3 mesi!
Non dire gatto se …
Ad aprile 2015 RM di controllo: primo rilievo di incremento dimensionale.
Maggio 2015, ulteriore lieve incremento dimensionale a RM.
Al mio ingresso nell’ambulatorio dell’INT la dottoressa, dopo aver esaminato tutte le ipotesi, esordisce con: “MA COSA È SUCCESSO”? Tutti iniziano a esporre la possibilità di ricominciare la chemio, ma io non ne voglio sentire nemmeno parlare. Così fino a giugno 2015 si decide di assumere un atteggiamento “wait and see” (aspettiamo e monitoriamo) per capire se il desmoide abbia avuto solo un sussulto o se la progressione sia davvero ripresa.
Sempre a maggio 2015, durante il controllo annuale al seno in prevenzione a Forlì, la dottoressa che mi ha sempre seguita, alla notizia della progressione del desmoide, esordisce con la stessa domanda: “MA COSA È SUCCESSO”?
La breccia
QUESTA DOMANDA, postami due volte, da due medici in cui io riponevo fiducia e che sembrava aprire a possibilità fino allora inesplorate di causalità della malattia, INIZIA A LAVORARMI DENTRO.
Il momento in cui non ho avuto più scelta
È stato a giugno 2015, quando la RM mostra un ulteriore incremento dimensionale (già a maggio la malattia si era mossa).
In quel momento ho rischiato di VENIRE SOPRAFFATTA DALLA PAURA DI MORIRE come non mi era capitato nemmeno durante il decorso del cancro al seno.
Nessuno aveva la risposta, il tumore benigno, ma estremamente aggressivo era di tipo raro (Fibromatosi desmoide aggressiva, bel nome, eh?), io avevo già sfruttato tutte le poche risorse a disposizione e sapevo che entrambi gli ospedali in cui ero seguita mi avrebbero riproposto la stessa chemio.
Era come se la mia vita si svolgesse su due piani paralleli.
Non possiamo pretendere che le cose cambino,
se continuiamo a fare le stesse cose.
Sul fronte malattia ho iniziato un’assidua ricerca sulle cure alternative possibili e ho individuato nell’Ipertermia una possibilità concreta di terapia, aggiungendone altre man mano che passava il tempo.
Nello stesso periodo, in un mio altro universo, dove la spinta alla sopravvivenza era più forte della disperazione, decido di iscrivermi a Milano a un percorso formativo per diventare Coach in autunno. È stata una scelta istintiva, ho sempre saputo di avere la dote di riuscire a portare gli altri verso i loro obiettivi, ma in quel frangente la ragione più impellente era mia, personale.
Stavo iniziando a cercare, ma non sapevo bene cosa.
Il Coaching ®Metacorporeo che avevo scelto di approfondire, offriva quello di cui avevo necessità, by-passare la mente, entrare nel corpo e finalmente lasciarlo parlare con tutti i suoi linguaggi, cioè proprio quello che io non mi ero mai permessa, considerando il mio corpo solo un servo obbediente, per amore o per forza, al servizio dei capricci della mia mente.
Ho scoperto solo più tardi che ciò che ti riesce meglio con gli altri è ciò di cui tu hai più bisogno per te stesso.
Nulla accade per caso, ora lo so.
È sempre giugno del 2015.
In libreria, dove ci siamo recati proprio alla ricerca di qualcosa che mi desse spunti per affrontare il mio tumore recidivante dopo un anno di chemioterapia e solo 3 mesi di stabilizzazione, mio figlio mi allunga un libro bianco e lavanda, dal titolo “Anatomia della guarigione”, leggo la 4° di copertina e la psichiatra e psicoterapeuta Erica Francesca Poli mi ispira, lo compro.
Quel libro mi apre una porta chiara, decisa e scientificamente documentata su un approccio completamente diverso alla malattia e al suo significato.
Ora posso confermare che il proverbio zen “Quando l’allievo è pronto, il maestro compare” risponde al vero.
Dopo la lettura del suo libro infatti, decido di contattare la dottoressa con l’intenzione di iniziare un percorso per capire come tutte quelle conoscenze e quella nuova prospettiva potessero portarmi verso la guarigione.
Inizia un viaggio nel viaggio
Ero partita per un viaggio come persona “razionale-classica”, mai sfiorata da conoscenze di medicina integrata (che non sapevo nemmeno esistesse), semplicemente nella forte necessità di trovare un’alternativa efficace e risolutiva a proposte di cure uguali e ripetute senza esito o interventi chirurgici che non potevano assicurare nemmeno una stabilizzazione alla mia malattia in costante e inarrestabile progressione.
Ho continuato così a leggere, approfondire, cercare, sia la cura propriamente detta, che soprattutto alla luce del nuovo approccio, a cercare dentro di me la mia verità, per capire il messaggio che la malattia mi stava portando.
La mia vita per sei mesi, da giugno a dicembre 2015, scorre sempre su due piani paralleli, in uno, quello fisico, io assorta nella lettura, decisa a trovare una soluzione, cerco e scelgo da sola trattamenti alternativi, a tratti sopraffatta dalla paura, incasso mensilmente esiti delle risonanze (ogni mese circa) ormai monotoni, che non fanno altro che confermare quello che io già so: progressione, progressione, progressione … nell’altro, quello intimo, entro sempre più in contatto con me stessa e con il mio nuovo stato di consapevolezza fatto di amore, compassione, perdono e accettazione di me, della malattia, della paura e della morte.
Un albero che non si piega si spezzerà nel vento.
Ciò che è duro e rigido si romperà,
ciò che è tenero e flessibile avrà la meglio.
Da giugno 2015 provo svariati trattamenti naturali e alternativi. Le mie ricerche si intensificano insieme alla mia paura di non trovare una via di uscita per fermare la crescita della massa nel collo mentre qualcosa dentro di me inizia a muoversi in modo molto insistente e questa volta io lo ascolto.
Mi autorizzo ad ascoltare me stessa, mi permetto di guardare alla malattia come a una manifestazione del mio corpo che vuole comunicare, mi permetto di identificare e ascoltare le emozioni che provo. Do un nome alla malattia e la chiamo Felicita. Inizio a rileggere la mia esistenza.
Inizio gli incontri con la dottoressa Poli, ormai l’idea di farmi aiutare non mi crea più alcun fastidio, anzi! Nel frattempo, nella mia vita di tutti i giorni, faccio ancora i conti con i medici, gli esiti, le ipotesi di cura, gli impegni di sempre e con tutte le paure da cui non capisco ancora di potermi staccare.
A settembre 2015 l’esito della RM da la malattia sempre in progressione.
L’anelito nonostante tutto continua a inseguirmi e io mi pongo domande rispetto a tutto ciò che nella vita mi ha messo a disagio creando rabbia, paura, senso di colpa, insofferenza.
Il mio passaggio dalla paura al coraggio avviene una domenica mattina, ancora nel mio letto, quando intuisco che io stessa sono e sono stata, il mio carnefice e che SOLO IO POSSO LIBERARMI DA QUESTA SOFFERENZA.
Questo è il punto di non ritorno, in cui è accaduta quella che io chiamo LA MAGIA DEL PERDONO, quando ho sperimentato UN’ONDATA TRAVOLGENTE DI AMORE INCONDIZIONATO PER ME STESSA.
L’effetto più evidente è che, a seguito di quella esperienza, NON HO PIÙ RITROVATO LA PAURA che sempre più mi angosciava, potevo ancora ritrovarne il ricordo quando la andavo a cercare, ma l’emozione non c’era più, ero libera.
Un bel passo avanti direi…
Ma è solo un attimo. La “vecchia me” tuttavia non smette di tenermi legata alla modalità di vita per lei sicura e ammetto di essermi fatta quasi ingannare.
Sono rientrata, apparentemente serena e motivata nella mia vecchia vita, un po’ stupita di riuscire a starci dentro tranquilla.
Il mio viaggio, però non è ancora finito, l’anima continua a parlarmi attraverso il mio corpo e mi avverte che gli impegni presi vanno mantenuti. A metà novembre 2015, la RM mostra un ulteriore incremento, i medici che mi hanno in cura diventano più perentori nel consigliare la ripresa della chemioterapia, mentre io, ormai addentratami nel mio cammino di conoscenza di me stessa, sono sempre più decisa a non accettare quell’opzione terapeutica.
Capisco il Messaggio: non basta aver capito ciò che andava cambiato, ciò che non ha funzionato, se voglio sortire il risultato devo passare dalla verità alla libertà, mi devo liberare, DEVO SALTARE.L’ultimo, grande, indispensabile, pauroso salto dove ti disidentifichi da tutto ciò che non è la tua vera essenza e che ti apre alle infinite possibilità. Ciò significa abbandonare la veste di colei che ce la fa sempre, nonostante tutto, che non molla mai e poi mai, a qualsiasi costo.
In questo senso, nel dicembre 2015, affronto anche l’oncologo dell’IRST che mi segue fin dal cancro al seno e mi riprende quando, durante una visita, nomino la parola GUARIGIONE ricordandomi che, per un tumore, “non bisogna pensare alla guarigione, ma alla stabilizzazione della malattia”.
Tornata a casa da quella visita infatti il disagio che sento è tale da costringermi a scrivere al medico per sottolineare che invece per me non esiste altra parola da usare, perché QUELLO È l’OBIETTIVO CHE MI SONO PREFISSATA DI RAGGIUNGERE.
Dopo aver visto una trasmissione di Report su Rai3, consegno di mia iniziativa i documenti al CNAO di Pavia.
Grazie anche all’appoggio della dottoressa Pontiggia del centro di Ipertermia vengo ricevuta al CNAO il 16 gennaio 2016, pochi giorni dopo mi viene comunicato che sono idonea al trattamento e a quel punto MI SONO FERMATA.
Dall’esterno chi mi guarda vede una persona un po’ immobile, che forse non sta capendo, che sta perdendo tempo prezioso lasciando un vantaggio pericoloso alla malattia.
Ma l’acqua più torbida
torna a essere limpida
quando rimane immobile.
E da quella immobilità
sorge la vita.
Dentro di me invece io sto elaborando gli innumerevoli significati di quella che non chiamo più nemmeno malattia, ma “messaggio”, e ormai so anche che capire e riconoscere la paura non basta per ottenere la libertà, ma che devo assolutamente agire sulla mia vita altrimenti sarà tutto vano.
La mia ricerca sul piano fisico mi fa approdare finalmente, nel gennaio del 2016 al CNAO di Pavia, dove, di lì a breve, arriverò a sperimentare quello che io ritengo uno dei punti di “contatto” tra la fisica quantistica e il mondo delle terapie cosiddette “convenzionali”.
È il momento, ora o mai più
O tengo fede all’impegno preso con la mia anima o davvero anche questa volta sarà solo “una pezza” , sono terrorizzata, mi sento in colpa, manca un mese all’inizio della terapia, ma io so che è ora che io mi fermi. Rinuncio dolorosamente alla mia immagine di guerriera invincibile e comunico la lavoro che intendo fermarmi per prepararmi alla terapia.
Forse a qualcuno sembrerà tutto scontato, ma per qualcun altro sono certa che non lo è, come non lo è stato per me. La vecchia Cri l’ho lasciata morire lì, nel cortile della azienda per cui lavoravo alle porte di Bologna, in una fredda giornata di gennaio e lì, nello stesso cortile, la nuova Cri ha emesso il suo primo vagito.
Mi sono fermata, lo riscrivo di proposito.
Ho lasciato andare ogni attaccamento a sensazioni di mancanza e perdita e ho cambiato tutto. Soprattutto ho detto in ufficio che avevo bisogno di fermarmi totalmente e ho accettato l’idea in cuor mio, che io dovevo lasciare quel lavoro. Non importa cosa gli altri avrebbero pensato di me, non importa se economicamente viene giudicato un suicidio.
Detta così sembra quasi facile, ma non lo è stato, per niente!
Quando la tua parte “conservatrice” capisce che l’anima sta affermando il suo diritto a esistere la battaglia diventa durissima. A riprova conservo in casa il cartellone che ho dipinto con le dita che riporta la frase “VIVI SENZA PAURA” e che tenevo in bella mostra sul mio divano per rimanere perennemente focalizzata su ciò che avevo deciso di fare.
“Non è più solo un attimo”
La nuova me
Al CNAO, un mese dopo, con questa terapia, i miei due piani di vita paralleli arrivano naturalmente a fondersi.
La affronto (adroterapia a ioni di carbonio) con l’animo leggero di chi sa di andare incontro a sé stesso qualunque sia l’esito. Non è stato uno scherzo, né fisicamente, né psicologicamente, anzi direi che è stata LA PROVA.
Anche al CNAO, mi viene detto che si pensa solo alla stabilizzazione della malattia, questa volta non ribatto nemmeno, tanto io so perfettamente dove voglio arrivare e ormai non ho bisogno di giustificarmi di questo con nessuno. Dal 16 febbraio 2016 al 16 marzo effettuo il trattamento di ioni carbonio. Questa terapia, che io definisco “quantica”, mi ha costretta per 16 volte DENTRO UNA MASCHERA ESTREMAMENTE COSTRITTIVA, dove sono entrata ogni volta in intimo contatto con me stessa a tratti anche molto dolorosamente. Il percorso è stato sia fisico che soprattutto spirituale, mi sono potuta e dovuta amare intimamente per portare a termine ogni seduta senza cedere alla claustrofobia e al dolore che a fasi alterne si presentava insopportabile. La mia consapevolezza si è ulteriormente evoluta e ho iniziato a sognarmi guarita.
Finita la terapia al CNAO, la dottoressa Poli mi ha fatto l’onore di volermi come testimone (video) all’interno del suo intervento dal titolo “Oltre la paura” al convegno “Cancro e anima” tenutosi a Milano il 10 aprile 2016.
Sempre nello stesso periodo, la dottoressa mi ha onorata inserendo stralci di mie riflessioni scritte durante il viaggio alla ricerca di me stessa e della mia guarigione, all’interno del suo stupendo, secondo libro “Anatomia della coscienza quantica”.
Perché lì si va e lì si arriva, ALLA PROPRIA COSCIENZA, ognuno scegliendo il proprio percorso.
Rientrata a casa mi ritrovo con una grossa “noce di cocco, rosso fuoco, attaccata tra collo e viso” e mi applico per curare l’ustione dietro l’orecchio. In una delle notti in cui il dolore mi cerca insistentemente decido di stare ad ascoltarlo e a seguito anche di alcune sessioni di autoipnosi quantica della dottoressa Poli, approdo a un nuovo “salto”.
Direttamente dal mio diario uno stralcio di quell’esperienza fantastica: “Mi ricongiungo, mi espando, mi curo, mi amo e lascio che le probabilità di realtà si affaccino alla mia coscienza fluendo sulla curva del tempo eterno. Incontro il mio medico interiore, passo in rassegna le mie fedeli cellule e parlo al mio DNA nella sua lingua, l’amore. Sento le vibrazioni della mia coscienza, mi esprimo in queste vibrazioni.
Che meraviglia!
Scivolo dall’autoipnosi al sonno, non so dove, non so quando, ma la mia coscienza rimane vigile in un’altra dimensione, lo capisco quando suona la sveglia e riemergendo, sulla soglia della consapevolezza, provo la mia prima sensazione di questo nuovo giorno: è FELICITÀ PERFETTA.
Un pensiero certo mi appare alla mente: “Ho creato la mia realtà”. In quella magica notte ho avuto la consapevolezza profonda di quando qualcosa, che hai prima colto con la mente, poi ti entra nella coscienza e lo vivi, non solo lo conosci. Non servono nuove parole per descrivere qualcosa che già ho dentro, che so, è così e basta. Le sensazioni stupefacenti che si accompagnano a tutto ciò sono difficilmente spiegabili, ma l’espansione della coscienza ora per me ha un chiaro significato, come lo ha il dialogo con la mia mente-dottore con cui ora esiste una connessione perfetta e continua.
Da quel giorno in libreria nel giugno del 2015 ad oggi io, il mio mondo, le mie idee, le mie convinzioni, la mia salute, la mia vita di relazione, il mio lavoro, nulla è più come prima. Quello che era partito come “un viaggio” si è rivelato essere “IL VIAGGIO”. Io sono divenuta me stessa scoprendo e sanando la mia anima e il mio corpo, ho agito a tutti i livelli e la mia consapevolezza si è amplificata via via che procedevo. Ho intrapreso un percorso dai fantastici risvolti, anche grazie alle molteplici tecniche di cui si avvale la medicina integrata.
Dalla fine della terapia al CNAO la mia malattia è in continua regressione, io ho superato la paura, ho lasciato il lavoro in cui mi ero costretta per 18 anni -e questa è stata davvero una lotta pazzesca con la paura e con il giudizio degli altri che ho stravinto- ho rivisto tutta la mia vita alla luce del mio lungo e difficile percorso, il mio incidente al volto avuto a 21 anni, la mia scelta universitaria, le mie relazioni sentimentali e amicali, l’endometriosi e la mia impossibilità di avere figli, la fecondazione assistita senza risultato, il fallimento del mio matrimonio, il cancro al seno, gli 8 anni di angoscia per riuscire ad adottare mio figlio -obiettivo che ho raggiunto da single nonostante tutto, cancro compreso! Come faccio a non sottolinearlo?-, il mio secondo tumore e la fine della mia ultima relazione che ha suggellato la fine della mia prima vita
Da un’altra parte, ma sempre nella mia vita, alla fine di aprile 2016 mi è stata imposta L’ULTIMA SCELTA, quella alla quale non avevo ancora pensato e che essendo la più dura in assoluto, non avevo mai voluto prendere in considerazione. La mia relazione si interrompe in modo brutale e apparentemente inaspettato lasciandomi con una ferita aperta di proporzioni enormi.“No, ti prego no, ancora una volta no, ancora sola no, non ora, non così!”.O mi rialzo o muoio.
L’ultimo miglio è sempre il più duro… Questo era il punto più dolente, la prova più grande, dove risiedeva la mia paura più profonda. Il rifiuto e il non amore.Cade l’ultimo velo.
Rileggo la mia storia e vedo che per evitare quel dolore insopportabile e così temuto, avevo sempre creato una MASCHERA che a mio pensare mi avrebbe protetta dal rifiuto, ma che nella realtà mi costringeva a vivere lontano dalla verità di me stessa per compiacere gli altri.
A quel punto la mia comprensione del concetto di DISIDENTIFICAZIONE è stato completo.
L’ultimo pezzo della mia vecchia vita non ha retto l’urto e si è staccato violentemente, un po’ come il serbatoio dello Shuttle si stacca della navicella dopo il decollo.Partenza o arrivo?
Io mi sono ritrovata “all’imbarco di un aereo con destinazione ignota” e non mi è stato permesso portare nulla, sono partita completamente “nuda”.
Questa ultimo “colpo di coda” del destino fa capire come non fosse previsto alcuno sconto e nessuna pietà, ma che in questo risiede il suo vero valore di autenticità e di trasformazione.
Ora è chiaro
Ogni volta che nel corso degli anni, avevo provato inconsciamente a “far passare qualcosa senza ripulirlo dalla MASCHERA”, che sempre tanto mi aveva rassicurata, qualcosa lo ha fermato e distrutto. In ogni evento della mia turbolenta vita ho avuto l’occasione di emergere integra nella verità e nell’amore di me stessa.
Adesso l’ho CAPITO e soprattutto lo ACCETTO completamente.
IL MESSAGGIO CHE LA MIA “FELICITA” MI HA AMOREVOLMENTE PORTATO È STATO FINALMENTE DECODIFICATO DEL TUTTO.
Ora io sono oltre, non solo OLTRE LA PAURA, ma oltre la mia Felìcita, che adesso è la mia Felicità e che per me è stata la porta d’accesso alla realtà profonda dell’universo e di me stessa nel mio vero significato completo.
e ora posso dire che io NON HO PIÙ PAURA e sono finalmente libera di essere chi sono realmente e di fare il lavoro per cui sono nata.
Superata l’angoscia della malattia, ho continuato e continuo tutt’ora a formarmi con passione e sono divenuta a tutti gli effetti un Life Coach Integrato.
Il tesoro che ho scoperto è troppo grande e troppo prezioso e il mio più grande desiderio è poterlo condividere.
Adesso so per esperienza diretta che:
“LASCIARE ANDARE” È LA PRIMA COSA
da IMPARARE e FARE
PER ANDARE OLTRE LA PAURA.
Ora, se vorrai, nell’accompagnare te a farlo, NON TI MOLLERÒ MAI.
Puoi iniziare da qui.