
Ci sono davvero cose ancora più difficili che trovare la via per guarire dal cancro, io l’ho sperimentato di persona e poiché ormai è Natale, penso che sia il momento giusto per raccontarti un fatto a cui ho assistito:
sono seduta su una panchina del parco e vedo un’adulta di spalle lungo un viottolo, della quale, da dove sono, non scorgo la testa, vedo però che ha per mano una bambina piccola, che quasi fa fatica a camminare, non sento distintamente cosa si dicono, ma vedo che l’adulta strattona ripetutamente e violentemente la bambina.
L’adulta non aspetta la piccola, non la guarda, la tira e con voce aggressiva le impone di fare ciò che vuole senza recriminare e senza piangere, sembra avere una gran fretta ed è estremamente decisa a non indulgere in nessun modo a favore del ritmo e delle esigenze della piccolina che piangendo e traballando tenta, con grande fatica, di stare al passo della donna che la trascina lungo quel viottolo dentro cose che lei non capisce, che lei non conosce, che forse la spaventano.
Oggi per lei non ci sarà tempo, non ci sarà divertimento, ma dovere, il dovere di ciò che quell’adulta vorrà, senza lamentarsi, senza piangere, senza nemmeno tentare di dire che invece lei ha in testa tutto un altro mondo, di morbidi peluches, di fiori e farfalle da inseguire, di gatti da accarezzare, di dolci caramelle da succhiare e di incantevoli storie da ascoltare per sognare e poi c’è la pipì, bisogna pur fare la pipì quando scappa, ma neanche quello è permesso.
Nessun altro ha visto quella donna strattonare e inveire su quella bambina, io sì, io l’ho vista e l’ho sentita e ho sentito i lamenti della piccola; ho provato una profonda stretta al cuore e tra me e me ho pensato “ma come hai potuto, ma che mostro sei per non sentire quella bambina, per non aver capito che è piccola, che ha bisogno di tenerezza e di qualcuno che la ascolti e la difenda.
Come hai potuto essere così bastarda e insensibile da non capire che le fai male a strattonarla così e che lei non capisce, non può capire la tua fretta, che ha bisogno di essere ascoltata e rassicurata, aspettata e coccolata. Come fai a ignorare i suoi tempi, le sue esigenze, le sue difficoltà.
Proprio tu che ce l’hai in custodia e dovresti occuparti del suo benessere invece la costringi a seguire solo le tue esigenze incurante delle sue e lo fai ringhiandole contro e intimandole di non piangere, è come se le dicessi che non esiste!
Quanto sei ottusa e stupida per non cogliere quel mondo di infinita tenerezza in quelle morbide manine, che tocchi senza accorgerti di nulla. Come fai a non vedere quelle guance paffute e vellutate e a non volerti fermare per baciarle e per sentire il loro calore?
E per quanto tempo sei andata avanti a trattarla così, senza un minimo di tenerezza e di compassione? Ma che essere sei?“
Mentre penso tutto ciò le due figure sono uscite dalla mia visuale.
Riemergo da questa scena raccapricciante e ingoio la rabbia verso la donna e la compassione per la bimba, osservo tutto con un po’ di distacco e dopo un attimo ritrovo la lucidità per mi chiedo:
- chi è quella donna?
- E chi è quella bambina?
La risposta mi sconvolge.
Quella donna ero io.
E anche quella bambina ero io.
Mi vergogno profondamente.
E poi mi chiedo: “possibile?!”
Non mi sono mai fermata, non ho mai ascoltato, non ho mai voluto capire, non le ho mai permesso di godere di un’attimo di pace, non ho mai incrociato quegli occhi con un sorriso, non ho mai baciato quelle manine, non ho mai annusato quelle guance.
Ho la nausea, è come aver preso un pugno nello stomaco.
Come ho potuto maltrattare così a lungo una bambina indifesa?
Non appena questa consapevolezza mi raggiunge accade qualcosa …
Mi sto trasformando come nell’incantesimo di una favola, di quelle che piacciono a quella bambina.
Ora trasudo tenerezza, il mio petto si espande e io avvolgo tutto, la donna seduta per terra con la testa fra le ginocchia che piange e la bimba che cerca rifugio correndomi incontro.
Quando io mi sono accorta di quale fosse la mia modalità costante nel rapporto con me stessa mi è venuta in mente questa immagine o forse sarebbe meglio dire che è emersa da me.
E’ incredibile, vero?!
Sì, lo so.
Per me questo passaggio è stato ancora più difficile che trovare una via per guarire dal cancro.
Ho poi capito che il cancro era proprio questo, era, nel mio corpo, quel che io perpetravo sulla mia anima.
Ho voluto iniziare raccontandoti questa esperienza perchè oggi, ormai in piena corsa verso il Natale, vorrei parlare di compassione.
Sii compassionevole con te stesso.
Eckhart Tolle
Cos’è la compassione?
La compassione in realtà non si sa bene nemmeno cosa sia, forse una roba da rammolliti o comunque qualcosa che nel mondo in cui viviamo non ci possiamo permettere.
Una parola poco usata, a cui diamo un significato distorto e soprattutto che non pensiamo assolutamente di poter applicare a noi stessi.
A questo proposito qui trovi un breve video in cui la dottoressa Kristin Neff spiega cosa sia la self-compassion, la comapassione per noi stessi.
Il Natale è nell’aria e come si dice “A natale siamo tutti più buoni”, magari è anche vero, ma c’è qualcuno con cui “di essere più buoni” proprio non ci si pesa mai.
Sento ogni giorno storie di dolore e di malattia, vedo persone piangere raccontando le proprie sofferenze, ma sempre, quando chiedo a queste persone di essere più indulgenti con se stesse, rimangono perplesse, non capiscono, non sanno con quali occhi si devono guardare.
Quello che manca in tutti questi discorsi e tra tutti questi concetti è proprio il personaggio centrale, il primo destinatario di tutte queste energie curative e rigenerative.
E chi sarebbe mai costui? Chi è il perenne assente?
Tieniti forte:
sei tu.
Sii compassionevole con te stesso.
Eckhart Tolle
A Natale, tra l’altro, si festeggia il compleanno di “quel tale” che ha detto “ama il prossimo tuo come te stesso”, frase che tutti conosciamo e attraverso la quale sentiamo un sottile senso di colpa riguardo questo prossimo che non amiamo poi così tanto e così bene, ma frase di cui ignoriamo il vero e potentissimo significato completo.
Noi non inquadriamo nella luce giusta le parole “come te stesso”.
E’ vero, ci viene detto di amare il nostro prossimo, ma ci viene anche spiegato come farlo in modo semplicissimo. Come noi stessi. Tanto te, tanto lui.
Amare noi stessi così da poter poi riamare gli altri altrettanto.
Alla luce di questa nuova inquadratura tra l’altro, si può escludere quella che è sempre la prima obiezione a questi discorsi e cioè l’egoismo.
Infatti non si può donare ciò che non si possiede.
Amare te però non significa accumulare cose per te (che poi magari fai fatica a condividere perché non ti bastano mai).
Non significa non uscire di casa se non sei prefetto dall’unghia del dito mignolo del piede destro, alla punto dell’ultimo capello che hai in testa (perché se no chissà cosa pensano di te).
Amare te è:
- saperti chinare su di te,
- saper ascoltare il tuo pianto,
- saper consolare la tua solitudine,
- saper accogliere le tuee inadeguatezze,
- saper sostenere le tue incertezze,
- saper vedere le tue fatiche ed essere fiero di te anche nei tuoi fallimenti, anche quando non sei performanti come il mondo in cui sei immerso pretenderebbe.
Del resto la Pietà ce l’abbiamo in duro marmo, scolpita da Michelangelo, ma noi non sappiamo cosa sia la pietà, ancora una volta, soprattutto verso noi stessi.
La preghiera “Abbi pietà di me” che tutti abbiamo recitato almeno qualche volta e di cui spesso ci sfugge il significato, è un grido potente che sale da dentro ognuno di noi ed è rivolto a noi.
Avere pietà di te … strano concetto, ci hai mai pensato? Ti sei mai soffermato?
Per oltrepassare questo velo che ti rende difficile cogliere questo inedito aspetto del rapporto con te stesso è necessario prima di tutto avere il coraggio di ascoltare la tua intima verità.
La tua intima verità però ti fa così paura, che ti impegni completamente per non starla a sentire e questo significa essere inflessibili, duri, tutti d’un pezzo.
Perché queste sono le regole, perché è così che si fa, perché tu sai quel che vuoi e quel che è giusto e non ammetti di venire intralciato o contraddetto, quindi poche storie, si cammina e si sta zitti, come dici tu!
Ora invece, per cambiare dal solito, ti chiedo di volgere per un attimo l’attenzione a te stesso e al tuo dialogo con te, con quel bambino che sei tu, con tutte le sue istanze che sono da sempre lì.
- Ti sei mai guardato così?
- Come ti sei trattato?
Hai giocato con te stesso? Ti sei mai fermato per coccolarti? Hai asciugato le tue lacrime? Hai ascoltato le tue storie e ti sei rassicurato dopo i tuoi brutti sogni? Ti sei messo in mezzo quando qualcuno ha provato a ferirti? Ti sei preso in braccio e consolato? Hai disinfettato le tue ginocchia sbucciate? Hai saputo incoraggiarti quando eri demoralizzato? Ti sei intenerito nel vedere i tuoi sforzi? Hai annusato il tuo profumo mentre dormivi e ti sei rimboccato le coperte?
In altre parole:
- Ti sei ascoltato?
- Ti sei aspettato?
- Ti sei rispettato?
- Ti sei amato?
Non disperarti se tue le risposte a queste domande sono “terribili” e se hai fatto piangere un bambino che ti assomiglia così tanto, dopotutto è quasi Natale, è il momento giusto, per “essere più buoni”, inizia da lui, da quella persona che ti è stata affidata per prima e che non ti abbandona mai anche quando la maltratti e la zittisci crudelmente fino quasi a negarne l’esistenza.
Cerca nel tuo cuore la compassione di cui sei capace e regalala a te stesso.
Eccolo il tuo regalo così difficile da trovare, solo tu puoi farlo a te stesso!
E allora sarà un Buon Natale!
Se bazzichi la crescita personale da un po’ avri le bacheche dei tuoi social piene di frasi illuminanti, di corsi per scoprire come amare te stesso, di consigli su come praticare l’amore incondizionato, ma “tra il dire e il fare –recita il detto- c’è di mezzo il mare!”
E sai perchè?
Perchè come ti ho detto all’inizio questo passaggio è ancora più difficile che guarire dal cancro, perchè prima bisogna “guarire la paura” che ti impedisce, prima di tutto, di guardarti con compassione, figuriamoci di amarti incondizionatamente.
Se vuoi sapere come posso aiutarti in questa meravigliosa conquista che trasformerà la tua vita contattami, sarò lietissima di offrirti una sessione gratuita per rispondere a qualsiasi tua domanda.
Qui invece puoi leggere cosa dice chi ha già scelto di lavorare con me.
Il mio regalo di Natale per te è questo: l’intervento della dottoressa Erica Francesca Poli al Beautiful day 2017, intitolato “Amore Quantico”. Questa è ciò di cui sei fatto e di cui puoi godere per diritto di nascita se solo te lo permetti, iniziando dalla compassione per te stesso.