
Ci sono molti tipi di ammalati e molti tipi di malattie, così come molti tipi di paura, molti tipi di guarigione e vari gradi di libertà, ma questo antidoto è potenzialmente universale, necessita però della disposizione d’animo adatta per essere efficace, come del resto qualsiasi cura.
La disposizione d’animo di cui parlo è quella di chi si è già sfogato, ha recriminato a gran voce, ma in un certo senso si è “sgasato” ed è rimasto lì con la sua malattia, con i fastidi e le paure che il tanto urlare e protestare non sono stati capaci di portare via.
È la disposizione d’animo di chi si è affannato un sacco a cercare soluzioni da tutte le parti e tante le ha anche trovate e provate, ma è rimasto lì con i suoi dubbi, con i suoi referti “rassicuranti”, ma con l’ombra di una malattia che è così lunga da non permettergli mai di vedere il sole.
È una disposizione d’animo aperta, sincera e un po’ smarrita di chi ormai ha capito di potersi nutrire solo di assoluta verità.
In questa disposizione d’animo si prepara il terreno ad un passaggio importantissimo della malattia, il passaggio da fuori a dentro.
È un po’ l’equivalente di quando finisce la festa che hai dato per il tuo compleanno e l’ultimo ospite è appena uscito, quando ti guardi intorno nel silenzio e realizzi che non resta altro da fare che rimboccarsi le maniche per dare una bella pulita.
Siamo tanto presi a guardare fuori che non ci accorgiamo di ciò che abbiamo da fare dentro.
Guardare fuori è un’abitudine molto radicata che a volte ci impedisce letteralmente di “girare la testa” per guardare dentro e soprattutto guardare -da- dentro.
Quando nel percorso di malattia arrivi, per amore o per forza, a guardare tutto “da dentro” allora l’antidoto può fare il suo effetto. Adesso io ti svelerò il suo nome, ma prima ti darò un’indicazione attraverso la quale tu sarai in grado, se lo vorrai, di giudicare se può fare al caso tuo. Se quando leggerai di che si tratta rimarrai:
- deluso
- o ancora meglio infastidito
- o ancora, ancora meglio, mi manderai al diavolo,
allora saprai che quello è proprio l’antidoto di cui hai bisogno, l’avrai trovato.
Eccolo, ci siamo, l’antidoto è: il perdono.
Mentre tu ti ricomponi dal senso di fastidio che probabilmente ti ho provocato con questa parola, io vado avanti a raccontare:
durante il periodo della mia assidua ricerca di informazioni e soluzioni per il mio tumore che proprio non si voleva fermare, leggendo il libro “Anatomia della guarigione” della dottoressa Poli, sono arrivata alla parte relativa al perdono.
Il perdono fino a quel momento per me era stato qualcosa di molto legato alla religione o ad una magnanimità d’animo molto vicina alla santità ed esclusivamente legato ad azioni compiute da altri, nel senso che il dilemma del perdono sopraggiungeva quando qualcuno avesse fatto qualcosa di male ad un’altra persona.
Ho dato comunque credito a quei pensieri che mi sembravano alquanto oscuri, perché il libro mi stava piacendo davvero e perché c’erano innumerevoli fonti citate per cui mi sono detta che qualcosa di buono ci doveva essere anche se in quel momento proprio non riuscivo a capire. In fondo io non avevo niente di particolarmente grave da perdonare a nessuno … o meglio non recriminavo nulla.
È straordinario che una cosa così grande sia in verità così alla nostra portata.
Dott.sa Erica Francesca Poli
Di tutto ciò di cui si parlava nel libro, degli stati di coscienza, del vedersi già guariti, quella del perdono la vedevo la cosa più campata in aria, mi chiedevo: ma riuscirò mai a capire fino in fondo di cosa si tratta? E sarà applicabile nella mia vita? C’entro qualcosa con questa roba?
Finito il libro ho iniziato a leggere tutto quello che veniva suggerito in merito al perdono, l’Ho’oponopono è stato il primo … era un libro più piccolo e la formula “scusa, mi dispiace, grazie, ti amo”, mi sembrava più facile e immediata dei concetti più elaborati degli altri libri.
Il perdono è un atto che va al di là della ragione. Devi imparare ad attingere a un altro genere di potere presente nel tuo interno per operare questa trasformazione.
Caroline Myss
Si, era tutto bello, ma cosa c’entrava con me … sono andata avanti e ho letto tutti gli altri. Di tutto quel che ho letto una cosa l’avevo capita, c’era da spostare il focus da fuori a dentro, non più cosa gli altri hanno fatto a me, ma piuttosto cosa -io- ho fatto a me.
Mah … a me sembrava di non aver fatto niente, ma c’era un’indicazione da seguire per non girare a vuoto in quei sentieri sconosciuti della coscienza ed era questa: applicare le tecniche del perdono alle situazioni che ti mettono in agitazione, che ti alterano e ti fanno infuriare, a quelle cose e a quelle persone che proprio non puoi vedere.
La gente teme il modo in cui cambierebbe la propria vita se permettesse a se stessa di comprendere davvero “il nemico”, abbattendo i muri del cuore per fare posto a coloro per i quali non avremmo mai pensato di poter provare compassione, per non parlare di amore.
Caroline Myss
Sono una persona tendenzialmente tranquilla, ma ci sono alcuni comportamenti davanti ai quali perdo letteralmente il lume della ragione perché li trovo odiosi. Caso ha voluto che me ne si sia prospettato uno proprio in quei giorni e la mia reazione è stata da manuale, “travaso di bile e immediata accensione del falò”, mi ricordo che mi sono detta: ma è mai possibile che ti infuri a questo modo? Che bisogno c’era di urlare così?!
Poi visto che ormai l’indole da “investigatrice della coscienza” si era radicata in me, ho deciso di provare ad applicare le tecniche di cui avevo letto nei giorni precedenti. Nello specifico ho usato il foglio del “perdono assoluto” di Colin Tipping. Sono partita a rispondere alle domande con la convinzione che sarebbe stato un mezzo fallimento, quella faccenda a me faceva arrabbiare e basta e non era roba mia, ma di coloro che si erano comportati in quel modo … le domande, in quel foglio, virano bruscamente da fuori a dentro, cioè passano da te e l’altro, a te con te e non so come -probabilmente perché i tempi erano maturi- cercando di rispondere, io ho visto,
ho visto davvero quando io avevo insospettabilmente fatto a me quelle cose odiose.
Incredibile, era vero!
Proprio io che tanto predicavo, da non crederci!
Molti pezzi del mio personalissimo puzzle sono andati a posto in quel momento, ma tutto è rimasto a livello razionale, nel senso che avevo capito, punto.
Oggi so che le cose si muovono su livelli diversi anche se noi non ce ne rendiamo conto,
ma allora ne ero ancora ignara e ho concluso l’esperienza contenta del mio passo avanti in consapevolezza senza cogliere altro.
Qualche tempo dopo, una domenica mattina, ancora a letto, mi è accaduto quello che ho riportato in questa lettera alla dottoressa Poli (che qui riassumo per questioni si spazio):
… ancor prima di fare qualsiasi movimento, mi sono resa conto che non sentivo affatto la mia malattia, o per meglio dire ero completamente sana.
Sono rimasta in quello stato e in quella situazione per un periodo molto lungo, quasi due ore, durante le quali ho vagato con la mente.
La prima cosa che mi è tornata alla memoria è stata che anche quando ero convalescente dall’incidente in cui mi ero ferita al volto a 20 anni, al risveglio mi era capitato diverse volte di sentirmi completamente sana prima di iniziare a muovermi e riprendere consapevolezza della mia realtà … e che anche allora, la sensazione che poi si ripresentava, era come essermi addormentata con al collo una collana che ora, dopo averci dormito sopra, mi stringeva e mi impediva i movimenti.
Ho ripensato a quel periodo della mia vita e durante questo flash back il mio pensiero laterale analizzava come io mi sentissi in merito a questa parte della mia vita e per un certo periodo di tempo ho constatato di essere completamente impassibile, di non provare sentimenti né per me, né contro di me, né tantomeno nei confronti di tutti gli altri individui coinvolti.
Poi il pensiero si è spostato più decisamente sulle motivazioni del mio agire e in un modo che ora non so più bene descrivere, credo di avere iniziato a provare pena per me e in men che non si dica sono stata travolta da un’onda emotiva fortissima che saliva man mano che diventavo consapevole di quello a cui avevo sottoposto me stessa.
Ovviamente non erano situazioni che non mi ricordavo o che non conoscevo di me, ma delle quali non avevo compreso la portata. Nel prendere consapevolezza i miei sentimenti nei confronti di me stessa sono passati dallo stupore, alla pena, alla vergogna, al dispiacere, al dolore e mentre vivevo questi passaggi mi è stato chiaro come la parte più profonda di me avesse tentato disperatamente di salvarmi allora, arrivando a mettere repentaglio la mia stessa sopravvivenza pur di farmi smettere di operare quel massacro su me stessa.
E cosa pazzesca era essersi resa conto che non era servito a nulla, che io, impassibile, avevo tirato dritto fin da subito, negando l’accaduto a me stessa e agli altri per tornare quanto prima a comportarmi ancora nello stesso modo.
E così, in una ricapitolazione istantanea della mia vita successiva, mi sono resa conto che ancora, di fronte ad altre costrizioni di me stessa, sforzi sovrumani a cui mi sono sottoposta per tempi interminabili, quella parte di me stessa ormai disperata ed esasperata, non sapendo come altro impedirmi di autodistruggermi, si è di nuovo sacrificata, questa volta con la malattia, rischiando sempre di più pur di fermarmi.
Ma anche qui la prima volta non è servito, io l’ho dribblata e ho tirato dritto e di nuovo l’altra me stessa rischia sempre di più pur di fermarmi con un’altra malattia e pare dirmi: “Basta, o ti fermi, o ti ammazzo, non ne posso più!”
E io per un po’ ci provo, mi acquieto, ma poi ricomincio, e torna la fatica, lo sforzo e la malattia ritorna, si rinvigorisce, l’altra me stessa gioca il tutto per tutto, questa volta è disposta davvero a morire pur di avere pace …
Mentre visualizzo in pochi attimi tutto questo la mia emozione cambia e diventa amore.
Un amore smisurato, compassionevole, immenso, per quella povera me stessa disperata, bistrattata, ignorata, che per amor mio, nonostante tutto è disposta a dare tutta se stessa pur di salvarmi e darmi la pace che io non so darmi.
A quel punto vengo travolta letteralmente dall’amore per me stessa,
per quella parte di me che mi ha così tanto amata, e che in quel momento io accetto totalmente e incondizionatamente, anche malata se questo è il modo per averla con me e per me.
Non mi importa più di essere altro se non me stessa e se per esserlo devo essere così, ammalata, o pelata per la chemioterapia, non fa differenza, non più.
Di colpo ho vissuto ciò che fino al giorno prima avevo solo letto e intellettualmente capito.
Ho provato dentro me stessa quello che penso sia stato un vero e proprio salto di coscienza.
Non so come altro descriverlo … so solo che dopo ero con me, insieme a me, profondamente e indissolubilmente. In verità e realtà.
Mentre ancora ero in quello stato, dopo essermi amata e guardata sana, per un lasso di tempo che non so più quantificare davanti allo specchio del bagno, occhi negli occhi, certa che la mia “Felicita” (questo il nome che ho dato alla mia malattia) avesse definitivamente portato a temine la sua missione e recapitato il messaggio, tornata a letto ho pensato alla mia famiglia che stava per riunirsi per il pranzo domenicale e ho pensato che avremmo dovuto essere più veri, più sinceri, più amorevoli gli uni con gli altri, ma che forse quella non sarebbe stata la giornata … che forse un miracolo al giorno poteva bastare.
Scesa per le scale all’arrivo di mia sorella, lei mi si avvicina e spontaneamente, senza un’apparente ragione mi abbraccia (cosa che noi non facciamo abitualmente). Lì per lì, ancora incapace di vivere nella nuova modalità, io resto un po’ sorpresa, poi dopo un pranzo molto disteso e sereno, nel pomeriggio, rimasta sola, realizzo che ancora una volta ho assistito o forse, per meglio dire ho partecipato, alla co-creazione della mia realtà. Ho preso il cellulare e ho scritto a mia sorella ringraziandola per il gesto, dicendole che le volevo bene e che mi scusavo per la mia bassa reattività.
Ho scritto in diretta a me stessa (nel video della mia testimonianza al convegno Cancro e anima, all’interno dell’intervento della dottoressa Poli, puoi sentire dalla mia viva voce il racconto, compresa la lettera che segue):
Grazie infinite per questo amore, per il rischio enorme che ti sei presa per farmi capire, vedere, sentire l’amore che non avevo mai colto.
Ti sarò eternamente grata e riconoscente. Mi hai amorevolmente, sacrificandoti, restituita a me stessa, dandomi l’opportunità di vivere una vita piena, una vita che avesse davvero senso, una vita che fosse amore.
Ero completamente vuota, senza amore e ora sono ricolma, sono nell’abbondanza di questo dono immenso e ineguagliabile, libera da tutti quei vissuti privi di amore e così dannosi. Grazie, grazie, grazie mille volte grazie.
Corro a braccia aperte incontro all’abbondanza di me stessa e in me stessa come su un prato verde e luminoso e sono nella piena felicità, nella pienezza.
Ti amo per il sacrificio che hai fatto e per l’amore che mi hai sempre dimostrato e che io non ho mai colto, ti amo profondamente e sono felice di averti finalmente trovata e riconosciuta, liberata e accolta.
Ti ho permesso di esistere e il frutto è immediato ed immenso, mi travolge.
Sono sulla soglia e so che ovunque mi porterà la vita ne sarà valsa la pena con te e con questo amore dentro, ti amo, ti amo, ti amo.
Ho solo il timore che smettendo di scrivere io mi possa scordare, indurire di nuovo. Sarà il mio compito, non scordarlo mai.
Ti chiedo perdono per tutto questo tempo buttato via soffrendo e negando, mi dispiace, non lo sapevo, non capivo.
Ma ora so e ho capito.
In un attimo si è bruciato tutto. Era un fuoco riparatore nell’eterno presente. E in un attimo sono qui libera, liberata, ricolma di amore.
Grazie ancora. Tutto ciò che ho maldestramente, ostinatamente, sconsideratamente vissuto ora è stato liberato, lasciato andare.
Io sono emersa da me stessa per quella che sono, avvolta dall’amore.
Ti amo e ti sarò eternamente grata.
Non ho più paura.
Sappiate in fine, che su questo cammino potete davvero rischiare di scoprire che non avete limiti quando decidete di amare voi stessi. Improvvisamente tutto si allinea, così come le particelle di un campo magnetico si orientano tutte secondo la direzione della forza, che come si dice, informa il campo.
Dott.sa Erica Francesca Poli
Oggi, a distanza di una settimana dall’accaduto, posso dire che lo stato in cui mi sono “elevata” permane ed è il mio, il timore nei confronti dell’evoluzione della mia malattia non esiste più, in nessun modo e per nessun motivo. Mi sveglio tutti i giorni completamente sana e da allora ho realizzato che io sono sana. I sintomi della mia malattia si sono affievoliti e io passo periodi molto più lunghi durante la giornata senza pensare costantemente a lei e facendolo con amore quando mi capita di ricordarmene. Nutro una fiducia completamente nuova nelle cure di farmaci naturali che faccio, cosa che non era vera prima.
E soprattutto è subentrata via via una serenità dilagante, e una felicità che prima non trovava spazio. La mia immaginazione è più libera e io sono più libera.
Avevo fatto solo 2 fogli di perdono assoluto, li avevo reputati molto efficaci, ma questo è un salto intergalattico! Ancora ora me lo riguardo e me lo rigiro e non ne colgo tutti gli aspetti. Che meraviglia!
Grazie per il suo ascolto e la sua guida.
Potrei dirti un sacco di cose per cercare di convincerti della fondatezza di ciò che si dice del perdono, che non è sintomo di debolezza, ma di forza, che non riguarda gli altri, ma noi stessi, che non è scusare, né condonare, né tantomeno porgere l’altra guancia, che è un regalo che ti fai, che ti da la libertà e ti affranca dalla tua malattia anche se fisicamente ce l’hai ancora addosso, ma non insisto, perché so che soprattutto quando sei in mezzo alla malattia, ma forse anche quando sei semplicemente sepolto nella tua vita, sembrano tutte lezioncine ben preparate a tavolino, ma assolutamente inapplicabili nella realtà.
Aspetto tranquillamente che la tua disposizione d’animo muti con i suoi tempi.
Invece ti invito a soffermarti sulla mia testimonianza, perché ciò che ho vissuto è reale e mi ha procurato un infinito benessere e come dico nel video, mi ha portato in un posto bellissimo, che non so bene qual è, ma che è bellissimo e io ci sono ancora oggi in quel posto.
Scelgo di far parlare la dottressa Erica Francesca Poli che in breve riassume egregiamente l’indispensabile sul pedono, Daniel Lumera che in questa intervista spiega cos’è e a cosa serve il perdono a livello personale e sociale e Anita Moorjani che ha fatto un viaggio incredibile da cui è tornata avendo capito perfettamente l’essenza della vita che si cela dietro il perdono.
Nulla è cambiato di ciò che è accaduto, tranne la persona che lo ha vissuto, e quando il processo del perdono è completato, i benefici sono immediati, si avvertono nel tempo di un respiro che di solito diviene istantaneamente leggero e sollevato.
Dott.sa Erica Francesca Poli
Qui, dove io sono ora, la paura non esiste e io tendo la mano perché tu possa venire con me.
Se tu mi chiedessi cosa ha significato per me, io ti risponderei che quella per me è stata la mia vera guarigione, da lì è partito tutto, ora sapevo, non solo avevo capito.
Anita Moorjani quando parla della sua esperienza di pre-morte usa sempre un esempio che è perfetto: immaginati di essere dentro un grande magazzino completamente buio. Hai solo una piccolissima torcia con cui illumini di volta in volta piccole porzioni di spazio. Poi d’un tratto il magazzino si illumina e tu vedi tutto, gli scaffali, le corsie, gli oggetti di ogni tipo sugli scaffali, capisci dove sei e di cosa si tratta. La luce se ne va di nuovo e tu sei di nuovo nel buio, ma non sarà più la stessa cosa, perché tu ora sai cosa c’è nel buio, anche se non lo puoi vedere.
Ecco, questa è la sensazione che provo anche io e da qui indietro non si torna, qualunque sia la vita che mi attende.
Se dopo tutto quello che hai letto sei interessato a ciò che posso fare per te, contattami senza esitazione, sarò lietissima di offrirti una sessione gratuita per rispondere a tutte le tue domande.
Se potete concordare (ora o fra un po’) con la logica del vostro potere personale sulla vostra realtà, potere che deriva dall’assumervi la responsabilità di voi stessi e dalla capacità di lasciar andare, allora il perdono diventa la cosa più logica che esista.
Dott.sa Erica Francesca Poli