
Dopo la diagnosi arriva il momento della scelta. Ai giorni nostri la situazione è paradossale, talmente tante informazioni e così tanti pareri che trasformano la scelta della terapia in angoscia che si somma alla già forte paura della malattia.
Innumerevoli domande senza risposta assillano il cervello di chi sa di dover fare qualcosa per la propria salute, ma non sa cosa e deve per forza fidarsi di qualcun altro.
- Come si fa ad essere sicuri di optare per quella giusta?
- Chi ha ragione?
- Come si fa a non sentirsi in colpa se ci si vuole allontanare dai dogmi del centro oncologico di riferimento o anche solo si vuole chiedere un consulto?
- Come si fa a scegliere qualsiasi cura non per paura?
- Come è possibile convivere serenamente con l’idea di avere rifiutato una cura?
- Come si riesce a capire qual è il posto giusto in cui farsi curare?
- Quale ruolo ricopre la dieta? E qual è la dieta vincente?
L’elenco può proseguire ancora, vero?!
Si può arrivare al punto che la paura della terapia sia più grande di quella della malattia.
Per cercare un orientamento e per gestire questa fase delicata fatta di dubbi, incertezza e tanta paura, faccio parlare prima alcune persone che dalla malattia sono uscite in modo eclatante acquisendo grandi consapevolezze.
Anita Moorjani -autrice del libro “Morendo ho ritrovato me stessa” in cui racconta la sua esperienza di guarigione dal cancro dopo un’esperienza di pre-morte- spiega molto bene questa situazione in questa diretta su Fb di qualche giorno fa (nei primi 10 minuti). Sintetizzo qui di seguito il contenuto per chi non conosce l’inglese:
A chi le chiede una ricetta per guarire risponde:
che non crede nelle ricette, e indica solo una scala di priorità delle azioni che lei ritiene fondamentali per intraprendere un viaggio dalla malattia alla guarigione.
Infatti dice che a un malato tutti ti danno consigli, tutti differenti e spesso in conflitto e questo è molto stressante e aggiunge nuovo stress a quello già ampiamente subito a causa della malattia.
E così uno fa di tutto, compra di tutto, ascolta tutti aumentando moltissimo lo stress. E si spaventa ulteriormente.
Continua dicendo: “Se mi ricapitasse non farei niente di tutto ciò, mi chiederei solo cosa ho fatto che non volevo fare, a cosa avrei dovuto dire no, invece di affrettarmi ad acquisire nuovi dogmi”.
Mi impegnerei a lasciar andare ciò che non mi corrisponde. Mi darei spazio e non mi sentirei in colpa per il fatto che mi do un po’ di tempo di fronte alle cose che proprio non posso evitare di fare.
Analizzerei dove non sto ricevendo. Mi impegnerei a ricevere, perché se non ricevi niente per te di buono non sai più di meritarlo e allora non sai di meritare nemmeno la salute.
Adesso che so ricevere e so dire di no a ciò che non voglio, ora inizio a inserire nella mia vita ciò che mi piace e mi fa stare bene, a seguire le mie passioni. Inizio a chiedermi cosa farò quando sarò guarita? Non tornerò alla vita di prima perché è quella che mi ha fatto ammalare.
Risponderei alla domanda: qual è il mio motivo per vivere, qual è il mio scopo?
A questo punto e solo a questo, inizierei a pensare alle cure, a quali scegliere.
Sceglierei quella che mi fa sentire sicura e sulla strada della guarigione, non quella che mi spaventa. Quale mi fa sentire che mi sto curando e nutrendo? Farei ciò che mi fa sentire sicura, e calza con le mie convinzioni. Cosa supporta il mio corpo in modo appropriato mentre affronto il mio viaggio? Se la chemio ti sembra buona, vai, falla. Se pensi che sostenerti con degli integratori ti serva, ok allora assumili. Se credi nella medicina naturale opta per quella.
Stai con persone che ti supportano. Circondati di supporters, di gente che ami e che condivide le tue scelte.
Non agire perché hai paura della malattia, pensa a ciò per il quale vuoi guarire.
Un argomento su tutti: la dieta
A proposito di scelte alimentari durante la terapia o al posto della terapia poi c’è da sbizzarrirsi, tutto e il contrario di tutto e l’ansia sale.
Vi riporto anche qui un paio di testimonianze.
Comincio con Martin Brofman, guarito inaspettatamente e brillantemente da una prognosi infausta a 2 mesi e che ha trascorso poi il resto della sua lunga vita ad aiutare altri a guarire coniando il “metodo del corpo specchio”.
A proposito della dieta racconta:
“…diete speciali che avrebbero potuto in qualche modo guarirmi, ma che non gradivo non avevano più senso per me poiché ogni pasto sarebbe potuto essere l’ultimo e ciò che desideravo in quel momento era di mangiare esclusivamente quello che mi piaceva davvero. Dovevo essere sincero con me stesso e veramente autentico in tutto ciò che facevo. Quando mangiavo qualsiasi cosa desiderassi potevo ricordare a me stesso che era esattamente l’alimento di cui il mio corpo aveva bisogno e che richiedeva per accelerare il processo di guarigione.”
Proseguo di nuovo con Anita Moorjani che nelle ultime pagine del suo libro riporta le risposte alle domande più frequenti che le vengono poste tra cui, classicamente, quella sull’alimentazione:
“la mia alimentazione è cambiata dopo la mia esperienza di pre-morte ma temo non nel modo che intendi tu. Un tempo ero paranoica sul cibo che mangiavo, ero strettamente vegetariana, consumavo esclusivamente cibi organici e macrobiotici, integratori vitaminici e succhia base di grano. Questo prima che mi ammalassi. Pensavo che tutto potesse causare il cancro dalle microonde ai conservanti. Mangiavo in modo molto sano, ma lo facevo per paura.
Adesso mangio tutto quello che mi attira. Adoro il cioccolato e bere un buon bicchiere di vino o di champagne di tanto in tanto, mi assicuro solo di passare bene il tempo con il cibo e nella vita in generale. Credo che sia più importante essere felici che tutto il resto. Non è piacevole mangiare i cosiddetti cibi giusti per paura di ammalarsi per poi essere infelici per questo. L’ansia crea tutta una serie di altri problemi. I nostri corpi sono molto più flessibili di quanto pensiamo, specialmente se siamo felici e privi di stress. Anche quando cerco di mangiare sano lo faccio per amore e non per paura. Questo è il mio approccio nei confronti di ogni aspetto della vita e ti invito a vivere nello stesso modo.”
C’è modo e modo …
Perché ho scelto loro e non qualche specialista di alimentazione o qualche guarito che “lo deve” proprio all’alimentazione?
Perché in questi due c’è stato lo spostamento di focus, non che la guarigione sotto stretto regime alimentare valga meno, no di certo, ma solo perché sono fermamente convinta che non sia stata neanche in quel caso l’alimentazione la vera, ultima, responsabile della guarigione, ma ciò che l’alimentazione ha rappresentato per quelle persone e penso che questo valga per chiunque sia guarito a seguito di una qualunque terapia, me compresa, anche più di una volta, come altri nella mia famiglia più volte.
Quando è toccato a me scegliere la prima volta sono andata “in scia” senza pensieri, la mia motivazione era talmente forte (dovevo adottare mio figlio ed ero disposta a tutto per farlo come puoi leggere qui) che probabilmente sarei guarita anche bevendo acqua di fonte.
La seconda volta sono partita nello stesso modo e per un po’ ha funzionato, ma poichè nello scegliere non ho voluto tenere conto di come mi sentivo, nè tantomeno del mio intuito che, seppur flebile, provava insistentemente a dirmi cosa fare e non fare, alla fine la terapia ha ceduto di fronte alle istanze della malattia, ha perso efficacia e a quel punto la ricerca di una nuova opzione terapeutica è diventata davvero molto dura. Nel frattempo ho attraversato tutte le fasi descritte dalla Moorjani, compresa l’ossessione per l’alimentazione sana, ma molto più importante, ho iniziato a lavorare dal didentro e ad ascoltare il mio intuito, alla fine, ma solo alla fine, è arrivata la cura, quando ero pronta, e a quel punto, ancora prima di iniziare, io sapevo già che avrebbe avuto successo, perchè io mi ero allineata con me stessa. (L’alimentazione tutt’oggi resta comunque un’ottima scelta che continuo a condividere e a praticare insieme alla mia famiglia senza vivere senso di privazione o tristezza, ma godendo del buon cibo con maggiore consapevolezza.)
Il medico italo americano Joe Dispenza, altro “miracolato” da una paralisi a causa di un grave incidente stradale, spende da allora la sua esistenza per spiegare come funziona il nostro cervello e come possiamo usarlo a nostro beneficio partendo proprio dalle comparazioni (scientificamente validate) tra persone che reagiscono diversamente alla stessa terapia o allo stesso stimolo. Per approfondire questo argomento ti consiglio il suo libro “Effetto Placebo”.
È lo spostamento di focus di cui parlavo il vero responsabile e l’allineamento con ciò che ti fa stare bene come dicevano entrambi sopra. Questo sì che passa dall’alimentazione che ti sei scelto perché ci credi e dalla terapia che hai accolto perché in essa riponi la tua fiducia e soddisfa le tue credenze sulla salute e sulla malattia.
Ecco perché è più importante, come dice la Moorjani:
- preoccuparsi di sé,
- sapere in che stato si è, cosa si vuole
- e poi solo dopo scegliere.
Del resto c’è una domanda che tutti si fanno a cui ancora non è stata data risposta: perché anche gente che non ha mai fumato muore di tumore al polmone e viceversa persone che fumano come ciminiere muoiono di vecchiaia?
È la logica causa-effetto che ci frega, infatti la domanda così posta non avrà mai risposta.
Imparare a vedere è questione di imparare il modo in cui guardare e di avere la pazienza di guardare abbastanza a lungo per trovare quello che si cerca.
Anodea Jiudith
Noi siamo altro, molto altro, molto di più, al punto che la nostra complessità ci sfugge. Sfugge a noi comuni mortali e sfugge anche a chi ai nostri occhi è più preparato. Nessuno al giorno d’oggi ha la visione completa d’insieme, quindi di fatto nessuno ci può “togliere le castagne dal fuoco” senza che noi facciamo la nostra parte attivamente. Proprio l’essere attivi e operare scelte allineate mette in moto quei meccanismi ancora in molta parte sconosciuti, ma perfettamente funzionanti, che ci dirigono verso il ripristino della salute.
A cosa appellarsi quindi?
Come si arriva a sapere cosa è buono per sé e a saper scegliere?
Dobbiamo forse studiare come pazzi per poter prendere in completa autonomia la decisione?
No, non è necessariamente questo, anche perché allora non si spiegherebbero tutti quelli che affidandosi a cure di cui non sapevano nulla sono comunque guariti.
Ci dobbiamo chiedere in cosa è consistito il loro “affidarsi” piuttosto.
E soprattutto quale sia il nostro sentire in relazione a ogni trattamento o scelta che vogliamo intraprendere.
Quindi grande ruolo qui lo gioca proprio l’intuito.
… è una metafora per quella sensazione che proviamo di budella rovesciate quando qualcosa non funziona. Quante volte non teniamo conto di quella sensazione e ci spingiamo avanti per poi pentircene!
Anodea Judith
Può sembrare sciocco e sconsiderato parlare di intuito in relazione a situazioni così serie come quelle legate alla salute, ma se si evitano i giudizi frettolosi e si prende in considerazione quante siano le situazioni in cui sappiamo che la nostra guida interiore, l’intuito appunto, ci ha tirato fuori dai guai e ci permettiamo di considerare l’idea che “l’intuito è un optional con cui siamo allestiti di serie”, allora possiamo iniziare a riconoscere e sfruttare questa nostra capacità a nostro favore.
La prima cosa di cui dobbiamo ricordarci è che l’intuito è una forza “passiva”, cioè non agisce a comando, ma emerge spontaneamente quando noi molliamo la presa della razionalità e della volontà.
- Non vi è mai capitato di essere incastrati in un problema senza sapere come uscirne nonostante i mille ragionamenti al punto da decidere di lasciar perdere per esasperazione e proprio quando vi siete “distratti” con qualcos’altro, la soluzione vi è arrivata all’improvviso?
- Oppure quando avete profondamente sentito che una certa situazione non faceva al caso vostro?
Ecco, ci siamo, di quello si sta parlando!
Più siamo in contatto con noi stessi più sappiamo riconoscere questa guida interna. Si tratta di stare attenti e di darle il giusto credito … è proprio una questione di riconoscerci il potere che abbiamo.
Quando abbiamo una visione portiamo dentro di noi una forza di ispirazione, di potere, come una luce che ci guida illumina il nostro sentiero e ci aiuta a vagliare le decisioni che dobbiamo prendere. La visione da significato e scopo alla nostra vita formando e trasformando il mondo attorno a noi. Per alcuni la visione giunge facilmente, affiora senza intoppi dalla profondità della coscienza per renderci chiaro lo scopo e la comprensione, ma per molti è necessario cercarla, invitarla, coltivarla e celebrarla.
Anodea Judith
Quello che diceva prima la Moorjani, la priorità è l’ascolto di sé, quando hai chiara la tua visione allora puoi agire in accordo con essa, anche per scelte come questa.
Martin Brofman quando parla del sesto chakra che si ritiene il “luogo” dell’intuito, dice:
… rappresenta anche la relazione con le vostre convinzioni filosofiche e spirituali o religiose perché sono queste che vi aiutano a comprendere tale livello dell’essere. Non sono importanti qui i particolari delle vostre credenze spirituali, ma piuttosto il fatto che siate o meno in armonia con esse.
Alla luce di queste considerazioni sì che si spiegano le guarigioni più disparate o i motivi per cui alcuni non si ammalano e questo sposta il focus dalla cura a te stesso.
Non devi più impazzire per indovinare qual è la cura migliore, no, non è quello! Volgi lo sguardo verso te stesso e vai verso ciò che senti buono per te alla luce di ciò che solo tu puoi sapere di te.
Vista in questi termini è molto diversa la questione.
L’autenticità è la chiave, la lente attraverso la quale guardare le opzioni.
La nostra è una fase di passaggio in cui ancora siamo costretti a dibatterci da soli tra le ideologie che sottendono le varie terapie, ma arriverà il giorno in cui sarà naturale avere una “visione integrata della salute e delle terapie”.
Allora la normalità sarà quella descritta dalla dottoressa Erica Francesca Poli nel suo intervento del 29 ottobre 2017 a Novara, all’interno del festival Biobene, intitolato:
La medicina integrata: quando medici e pazienti si riprendono l’anima
La medicina a cui siamo stati abituati, come medici e come pazienti, si è concentrata sulla cura dei sintomi piuttosto che della persona. L’anatomia ha separato in parti il nostro corpo e la patologia ha indagato i “guasti” delle parti come se si trattasse di pezzi meccanici di un macchinario. Tuttavia le patologie croniche, metaboliche, oncologiche, neurodegenerative che imperversano nella nostra popolazione denotano l’impotenza di una medicina puramente meccanicista. In sostanza chi si è rivolto in questi decenni alla medicina non convenzionale lo ha fatto perché voleva una medicina che fosse umana, dove ogni persona fosse considerata nella sua unicità e non solo come una statistica. Una medicina dove fosse importante il racconto, la storia, la biografia e le credenze dietro al sintomo. Oggi è la medicina integrata a permettere la sintesi del paradigma meccanicista con il paradigma emotivo-energetico. La medicina integrata coniuga infatti terapie innovative, ma rigorose e scientificamente validate, con interventi centrati sulla persona nella sua interezza di corpo, mente, anima e contesto socioambientale ed esistenziale.
Se volete approfondire l’argomento in questo video la dottoressa Poli spiega molti aspetti del concetto di integrazione.
Nel frattempo sta a noi decidere per primi di considerare noi stessi al centro, tutti interi, e per farlo bene possiamo allenarci a riconoscere la voce del nostro intuito, a capire qual è la nostra strada.
Anodea Judith nel suo libro “Il libro dei chakra- il sistema dei chackra e la psicologia” ci suggerisce alcune domande per orientarci:
- Chi, nel passato ha messo in dubbio la vostra intuizione?
- Che cosa ne pensate del suo potere?
- Quanta fiducia riponete nel vostro intuito e quali sono le basi su cui fondate la vostra fiducia o sfiducia?
Se non ci fidiamo di noi stessi o di ciò che ci circonda avremo difficoltà a fidarci della nostra intuizione.
Anodea Judith
Questo “punto di vista” si applica non solo a questa scelta, che senz’altro fa più effetto di altre perché può determinare la nostra stessa sopravvivenza, ma in realtà dovrebbe essere la guida in ogni nostra scelta poiché solo partendo da questo presupposto possiamo avere la tranquillità che non ci venga presentato “il prezzo da pagare”.
Sarà importante chiedersi se nella nostra scelta sentiamo da qualche parte la presenza di parole come: tralasciare, ignorare, evitare, insistere, cedere, accontentare.
Ricordandoci poi che nessuno può arrogarsi il diritto di giudicare ciò che noi riteniamo bene per noi stessi.
Per chi sta attraversando questa delicata fase del viaggio verso la guarigione, attraverso la mia esperienza personale e le competenze acquisite come coach, ho ideato un percorso di coaching integrato specificamente volto a:
• Sbloccare l’energia per prendere decisioni lucide e consapevoli.
• Capire in chi e in cosa riporre la tua fiducia.
• Cercare, trovare e seguire lo o gli specialisti che senti più “giusti” per te.
• Evitare di fare scelte avventate.
• Sapere esprimere la tua volontà.
• Uscire dal silenzio in cui ti obbliga il senso di soggezione.
• Operare scelte in linea con i tuoi valori e le tue convinzioni.
• Eliminare l’ostacolo che ti forza in uno stato ansioso permanente.
• Riconquistare la padronanza del tuo tempo anche nell’incertezza.
• Riappropriarti della tua vita.
Se vuoi saperne di più su cosa posso fare per te o pormi qualsiasi domanda contattami sarò lieta di offrirti una sessione gratuita per farlo.
Se quel che vuoi è leggere cosa pensa chi ha già scelto di intraprendere il proprio percorso oltre la paura insieme a me, puoi farlo qui.