
Come sono solita fare inizio con una domanda forse non così superflua: siamo tutti consapevoli di parlare continuamente a noi stessi? Mi riferisco a quello comunemente noto come il nostro dialogo interiore. Riconoscerlo, ascoltarlo ed eventualmente cambiarlo sono le azioni che ci vengono suggerite da più parti con varie tecniche, dalla pnl alle affermazioni positive.
Oggi qui l’idea è di guardarlo dall’interno delle nostre teste e cercare di capire perché valga la pena trasformarlo. Prima di tutto però, come dicevo, dobbiamo essere sicuri di renderci conto dell’esistenza di questa conversazione perenne che intratteniamo con noi stessi.
Livello 0: la consapevolezza è tutto. Quindi siamo io e te in questa convivenza …
Partiamo in questa analisi della relazione più lunga e più importante della nostra vita immaginando di essere in due (una folla nella nostra testa, ma più facile da immaginare), una coppia in cui uno fa e l’altro commenta, penso che molti abbiano in mente esempi quotidiani di coppie con questa dinamica!
Se avessi ancora dei dubbi ti invito a fermarti un attimo davanti allo specchio e a guardarti notando i tuoi pensieri su di te, oppure a ritornare con la memoria a una situazione in cui hai fatto una brutta figura e ripercorrere ciò che ti è passato per la mente, quello che ti sei detto, come ti sei giudicato.
Quei commenti, quelle frasi, quello è il dialogo interiore che ti accompagna costantemente.
Ci tengo a specificare che il d. i., come una qualsiasi relazione, di per sé non è una cosa né positiva, né negativa, ma lo diventa in base alle sue caratteristiche.
Come spesso accade nelle relazioni che durano da un bel po’, si è talmente abituati a un certo modo di comunicare che quasi non ci si rende più conto se quel modo sia sano, corretto, costruttivo e ancora più importante, se sia amorevole.
Soffermiamoci allora e ascoltiamo con rinnovata attenzione come se non ci fosse tutta questa confidenza, come se la conversazione fosse tra due estranei e vediamo che effetto fa …
Livello 1: Ma sai che da quando faccio caso a quel che dici mi sono accorto che sei davvero str****?!
È a questo punto, quando presti davvero attenzione alla comunicazione, che ti accorgi del suo tono e inizi a cogliere la sua durezza.
Un bell’esercizio è provare a scrivere un pezzo del tuo dialogo nudo e crudo e poi a immaginare che siano 2 persone a inscenare quel dialogo davanti a te.
Prova a metterti nei panni di quello/a dei due che subisce quei commenti ad alta voce.
Usa le stesse identiche parole e lo stesso tono che hai sentito tu nella tua testa e pensa a come si deve sentire quel poveraccio/a!
Se poi immagini che questo accada di continuo, in ogni momento, che il tizio/a che stai osservando sia sottoposto a questo impietoso martellamento qualunque cosa faccia o pensi di fare, come te la immagini la sua esistenza?
Livello 2: Si può sapere perché mi tratti così? Cosa ti ho fatto di male?
È abbastanza plausibile credere che messo di fronte all’evidenza di venire trattato/a per lo più “a pesci in faccia” il nostro amico/a a un certo punto sbotti e urli al partner di voler sapere il perché di un tale accanimento. Purtroppo probabilmente il “commentatore” sarà a corto di spiegazioni e minimizzerà al punto quasi di non farsi temporaneamente più sentire o di far sembrare normale quel modo di fare, proprio come avviene quando si cerca di far spiegare le motivazioni di un abuso in famiglia a colui che lo perpetra.
Questa fase della relazione può andare avanti per molto tempo, anche per sempre, proprio come accade nelle relazioni di coppia, o invece, sempre come nelle coppie, può accadere che la presa di coscienza del nostro amico/a lo induca a sentire un impulso alla ribellione. È probabile che il percorso inizi con il tentativo di screditare ai propri occhi il suo presuntuoso e crudele partner dando voce alle sue prime impressioni.
Livello 3: Tra l’altro sei di una noia mortale, non ti accorgi che ripeti sempre le stesse cose?
Ci hai fatto caso? Se andiamo ad analizzare il nostro d. i. si scopre che in fondo è monotono, insiste sempre sulle stesse cose, alcuni esempi di “stesso disco” sono questi:
- Non ce la farai mai, rassegnati!
- Capitano tutte a te, sei proprio il solito sfigato!
- Non c’è nente da fare, sei proprio brutta!
- Non te lo meriti, è inutile che ci conti…
- …
La difesa del nostro amico/a è ancora all’inizio, ma comincia a farsi sentire, il dubbio che ciò che dice il partner non sia sempre oro colato si è instillato nella sua mente.
Livello 4: Possibile che ogni volta che parliamo di me abbia sempre ragione tu?
Poiché il nostro dialogo va avanti da sempre il commentatore si avvarrà di questa ragione per dimostrare la sua legittimità e la sua veridicità in ciò che dice, ma l’insofferenza del nostro amico/a sta salendo e la sua dipendenza di converso sta calando … la crudezza della parole che si sente rivolgere ormai lo ferisce talmente tanto da tollerare a stento quelle argomentazioni che adesso giudica spesso ingiuste.
Livello 5: E alla fine si può sapere tu da che parte stai?
Ancora illuso/a di essere amato/a il nostro amico/a provoca il partner, se tiene a lui capirà che ha bisogno di appoggio e non di critiche continue, di amore e non di disprezzo, ma guardando da fuori è facile capire che sia proprio solo/a e illuso/a di fronte a un rapporto che ha una piega ben precisa e in cui l’amore non è proprio di casa.
Livello 6: Non ci provare neanche perché non credo più a una parola di quel che dici. Sono tutte balle!
Il nostro/a protagonista ha iniziato a osservare sé stesso con altri occhi e comincia a vedere il proprio valore, specialmente in quei rari casi in cui riesce a stare da solo abbastanza e a non avere quella voce aguzzina che lo/la tormenta e così inizia a capire davvero che il suo partner gli mentiva, il dolore che prova per quel tradimento è immenso ed è disgustato al punto da trovare il coraggio di affrontarlo apertamente.
Livello 7: Bene, allora sai che ti dico? Mi hai rotto per davvero, io ti mollo!
La misura è colma, il nostro amico/a ha paura, una tremenda paura di restare solo/a, di non farcela, a volte anche di essere davvero come il partner gli ha sempre detto che fosse, ma ormai ha anche una repulsione fortissima per quell’essere che l’ ha così vessato/a e umiliato/a.
Ha imparato molto su di sé in questo periodo di osservazione, ha provato, sperimentato e ora inizia a immaginare una vita in cui agisce senza dover subire recriminazioni, offese e pareri massacranti non richiesti, ha accumulato più fiducia in sé stesso e nel suo valore, è pronto/a, stacca il cordone ombelicale di quella relazione malsana che gli inquina la vita e se ne va lasciando l’altro/a senza nessuno da criticare, nel silenzio.
Livello 8: Ancora tu? Ma non dovevamo sentirci più?
Certi legami, si sa, sono duri a morire, ma ora il nostro amico/a ha provato davvero cosa vuol dire respirare coi propri polmoni, agire e assumersi la responsabilità delle proprie azioni nel bene e nel male, non si stupisce di veder tornare il suo partner e non lo odia per come si è sempre comportato perché sa che in fondo è stato lui/lei a permettergli di trattarlo/a in quel modo.
Livello 9: Ok, va bene, dato che insisti riproviamo, però adesso le regole le detto io!
Ora è un individuo maturo e completo, sa cosa sia bene per sé ed è in grado di riconoscere se l’altro è equilibrato ed è capace di vivere una sana relazione. L’affetto sotto sotto è rimasto e il profondo cambiamento del nostro amico/a gli permette di rientrare in relazione in modo completamente differente. L’amore e la stima che adesso prova per sé lo/la obbligano ad accettare solo l’amore, quello vero, e niente di meno (nell’ultimo articolo del 2017, dedicato al regalo di Natale da fare a sé stessi, si parla proprio dell’amore e della compassione applicati al modo in cui ci si parla). Il partner l’ha capito e ha scelto di stargli vicino senza condizioni, per ciò che è: un essere perfetto così com’è.
Non sei “di meno” di niente e di nessuno! Sei completo, integro. La sola cosa che hai bisogno di imparare è che sei già ciò che cerchi di essere.
Anita Moorjani
Fuor di metafora
Trovo che vederla così, aiuti a renderci conto di quanto il dialogo che intratteniamo con noi stessi possa essere potenziante o depotenziante a seconda se le cose che ci diciamo ci aiutino o ci affossino. Purtroppo la stragrande maggioranza delle volte dobbiamo ammettere di inscenare conversazioni tutt’altro che costruttive e amorevoli con noi stessi.
Il d. i. può anche essere considerato un po’ come un oracolo che ti dice le cose che ti accadranno un attimo prima che queste si verifichino, tale è la sua forza e così cieca la nostra fiducia in ciò che ci dice.
Diventa quindi molto importante renderci conto che una delle caratteristiche che ha il d. i. è quella di essere spesso non proprio obiettivo. Per cui prima di mettere la mano sul fuoco per qualsiasi cosa ci voglia rifilare con tutto quel gran parlare, è bene fermarsi e soppesare attentamente i fatti da più punti di vista.
Perché è importante saper riconoscere la qualità del proprio dialogo interiore?
Perché è la spia di come vediamo noi stessi e perché la sua forza è tale per cui averlo “contro” può essere la fonte di tutti i nostri guai.
Per capirci è un po’ come se durante lo svolgimento di un evento che ci vede coinvolti e in cui qualcuno ci accusa di avere qualche difetto, ci sia una voce fuori campo che ingigantisce quell’accusa oppure che la minimizza. Le cose ovviamente non sono così semplici e lineari, ma questo esempio può servire a rendere l’idea.
Ma guarda il mio percorso esistenziale! Perchè mai sono sempre stata così dura con me stessa? Perchè mi davo sempre addosso? Perchè gettavo la spugna? Perchè non prendevo mai le mie difese mostrando al mondo la bellezza della mia anima?
Anita Moorjani
Ed è facile pensare che se “tutti in coro” asseriscono che abbiamo quel difetto sia molto probabile che noi ci crediamo e ci comportiamo di conseguenza.
Il d. i. determina il clima emotivo della nostra testa e per questo è così importante esserne coscienti. (Abbiamo già incrociato questo argomento nell’articolo della scorsa settimana dedicato alla dieta emozionale dove si parla di come la qualità del nostro nutrimento emozionale derivi anche dalla qualità dei nostri pensieri).
Il nostro dialogo interiore cavalca le nostre paure e le ingigantisce.
Ad esempio, quando mi sono resa conto di avere un dialogo interiore e l’ho analizzato ho scoperto che mi convinceva continuamente che per essere accettata dagli altri io dovevo sempre fare qualcosa oltre ad essere quella che ero, oppure che se io non avessi dimostrato di farcela a tutti i costi non sarei più stata degna di considerazione, infatti l’ “aiuto” meraviglioso che per molto tempo mi è venuto dal didentro è stato il messaggio che rinunciare o astenersi non fosse mai una scelta conservativa opportuna, ma sempre solo un sintomo di debolezza (spero sia chiara l’ironia).
Questo spezzone del film “Revolver” descrive proprio la paura che ci induce a credere al nostro d.i., ma svela anche come “vincere la partita”.
Il d. i. è una forza motrice potentissima che può essere rivolta verso un baratro o verso una strada sgombra e dritta, questo è il motivo per cui vale la pena fermarsi ad ascoltarne il tono.
La mia esperienza, che io porto sempre nella speranza che possa aiutare qualcuno a semplificare la propria vita, conferma chiaramente che il mio dialogo era diretto speditamente verso un precipizio dal quale più volte mi sono tuffata senza rendermene conto e patendone ogni volta le conseguenze, credendo fermamente di non avere una scelta migliore.
Mi resi conto che in tutti quegli anni, sarebbe stato sufficiente essere me stessa senza giudicarmi nè sentirmi sbagliata.
Anita Moorjani
Il nostro dialogo interiore ha radici antiche
Altra informazione indispensabile da sapere è che -come spiega molto bene la dottoressa Erica Poli nel suo libro “Anatomia della guarigione”- noi ci parliamo come ci hanno parlato, diciamo per ciò che le radici della qualità del nostro dialogo vanno ricercate in situazioni molto precoci della nostra esistenza.
Il dubbio allora potrebbe essere che essendo così radicato in noi quel modo di parlarci, sia molto difficile modificarlo.
Invece proprio le sue frasi più taglienti possono essere lo strumento per capire da dove cominciare per “trasformarlo” e per ristrutturare la “nostra relazione”, infatti dietro di esse si celano le nostre profonde convinzioni che sono ovviamente legate ad esperienze da cui noi abbiamo imparato a riconoscere la realtà.
Ormai sappiamo che le convinzioni limitanti possono essere oggetto di ristrutturazione e che esistono tecniche esperienziali correttive per il rilascio dei blocchi emotivi che stanno dietro certe convinzioni.
Il coaching integrato lavora così:
- partendo dalla presa di coscienza,
- lavorando profondamente e capillarmente sulle nostre emozioni,
- offrendo la possibilità di trasformare dialogo e convinzioni in nostri alleati.
E proprio come nella relazione del nostro amico di prima,
il punto focale è la comprensione che tutto ruota intorno alla conquista della libertà di permettersi di volgere su di sé uno sguardo amorevole.
Allo stesso tempo capii che la nostra essenza è costituita di puro amore. Siamo puro amore, ciascuno di noi … sapevo che renderse conto significava non avere più paura di ciò che siamo. Perciò, essere amore ed essere sè stessi è la stessa cosa!
Questo cambia l’individuo e di conseguenza cambia la sua relazione con sé stesso, ma non solo, perché una volta che la persona cambia modo di percepirsi, a cascata ciò avviene anche per gli altri nei suoi confronti, secondo la legge alchemica per cui “ciò che è dentro è anche fuori”.
Il mondo esteriore rispecchia quello che proviamo per noi stessi. Lasciando andare qualsiasi giudizio negativo su noi stessi, permettiamo al nostro mondo di trasformarsi e, mentre lo facciamo saremo in grado di provare sempre più fiducia.
Anita Moorjani
Se sei interessato a
- scoprire come cambiare il tuo dialogo interno e le tue convinzioni ,
- smetterla di auto flagellarti,
- iniziare a lavorare per te invece che contro di te,
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