
Ho letto ieri un commento su un gruppo Facebook in cui sono iscritta, dove era comparso un post che spiegava come durante la malattia, non sia necessaria, né salutare la scelta di rinunciare alla propria vita e quindi alla propria felicità rinunciando a un viaggio o a qualsiasi altra esperienza ci interessi fare.
“Diciamoci la verità: il cancro non ti da niente, ti toglie e basta, non serve a nulla. Basta con lo fuffa del pensiero positivo!”
cit. da fb
La discussione nel gruppo si è infiammata e un membro in particolare mi ha colpito per essere intervenuto a più riprese esponendo l’opinione che ho riportato sopra. (Va da sé che la persona in questione fosse amareggiata e molto arrabbiata con la propria malattia. Stati d’animo comprensibilissimi e “sposabilissimi” di primo acchito e forse pure di secondo.)
Argomento chiuso, ha ragione lui! Con una malattia così che scelta hai? Può solo essere un’esperienza orrenda.
Nel post in questione si parlava di cancro, ma ovviamente possiamo pensare al cancro come a qualsiasi altra malattia o incidente di percorso che accada nella nostra vita e ci metta nelle condizioni di dover cambiare drasticamente e a volte definitivamente, i nostri piani per la nostra esistenza.
“ Ok, voglio proprio vedere come fai a dire che non è una maledetta sfiga.” Ti starai chiedendo, vero?
Bene, diciamo che senz’altro la possiamo considerare una “prova” e in fondo la vita cos’è, se non un susseguirsi di prove?
Possiamo anche dire che se è vero che siamo qui sulla terra per fare esperienza, questa è un’Esperienza.
Viverla bene o male dipende da te. E questa è la Scelta.
E vediamo un po’: quando la vivi male?
A pensarci bene la vivi male
- quando rimani attaccato all’unico modo per essere e vivere che tu conosci
- quando non consideri che ci sono infiniti modi per farlo.
Pensaci!
Solo perché uno di questi modi lo hai già conosciuto e ti ci sei abituato (e non è nemmeno detto che sia il migliore) non vuol dire che oltre a quell’unico modo ci sia la fine del mondo, ma c’è solo la fine di un’esperienza, e l’inizio di un’altra.
- Tu non sei il tuo modo di mangiare,
- Tu non sei il tuo modo di camminare,
- Tu non sei il tuo modo di stare seduto.
Quelle sono solo esperienze che hai fatto con gli strumenti che avevi a disposizione.
- Non sei nemmeno i tuoi capelli,
- Non sei nemmeno le cose che sei capace di fare,
- Non sei nemmeno le tue abitudini più antiche tipo … che ne so … la tua posizione nel dormire.
Cambiano gli strumenti, cambiano le esperienze.
E cosa importantissima:
Ciò che accade non uccide Te, cambia solo le tue esperienze.
Se vuoi vivere, se vuoi esistere, mentre fai le esperienze che la vita ti propone, anche quella della malattia, la Scelta è fare ciò che puoi con ciò che hai in questo momento, tutto il resto è solo ipotesi di come tu vorresti che fossero le cose o ricordo nella tua mente di come sono state per un certo periodo, ma non è vivere la vita che hai a disposizione adesso.
Puoi obiettare: “ io sono felice così, con quello che so fare, con i gusti che ho sviluppato, col corpo che ho in questo momento”.
Ok, è una tua Scelta decidere di essere felice in Un Unico Modo, ma sappi che hai scelto Tu di precluderti di esserlo in altri “Enne-Mila Modi”.
Per cercare si spiegarti meglio a cosa mi sto riferendo, ti porto un paio di esempi.
Sono proprio esempi legati alla malattia o a quelle che comunemente vengono definite “sfighe varie” e visto che in questo campo la mia esperienza è molto vasta, posso attingere alla mia riserva personale.
Questo è il primo esempio.
A seguito della terapia con la quale ho fisicamente risolto il mio secondo tumore, dopo sei mesi dalla sua conclusione ho perso buona parte dell’uso del braccio destro. Come da copione nessuno sapeva dirmi se sarebbe stata una condizione definitiva oppure no, intanto le cose stavano così poi chissà.
È stato inaspettato e repentino e man mano che mi rendevo conto di quello che stava capitando ho sperimentato l’intera gamma di emozioni e stati d’animo correlati, disappunto, rifiuto, impotenza, delusione … poi ho preso in mano la situazione per quella che era.
A quel punto ho avuto due scelte:
- la prima permettere all’evento di travolgermi, andare e rimanere su tutte le furie e maledire tutto e tutti per dover affrontare questa”ennesima sfiga”, non bastavano tutte le precedenti , il dolore, la fatica ecc ecc ecc (metto di proposito 3 ecc perché è davvero tanto quello che stanno a significare),
- la seconda semplicemente iniziare a capire come poter vivere la mia vita e fare ciò che le dava un senso con il braccio “buono”che mi rimaneva.
E così ho scelto.
Ho cercato una terapista per iniziare la riabilitazione e ho iniziato una terapia di supporto neurologico, ma soprattutto nel mio quotidiano mi sono abituata a portare la borsa a sinistra (ovviamente io l’ho sempre portata a destra, ma ora mi faceva troppo male), ho imparato a usare la forchetta con la sinistra per arrotolare gli spaghetti (fondamentale perché io adoro gli spaghetti), ho iniziato a tenere la tazza del caffelatte con la sinistra (perché io sono sempre stata abituata a tenere la tazza della colazione nella destra e la fetta di pane e marmellata nella sinistra), ho cambiato il modo in cui stavo seduta a tavola perché altrimenti non riuscivo più a portare le posate alla bocca (ho sempre avuto il vizio di mangiare 3 volte al giorno e quindi mi sono dovuta ingegnare), ho imparato a lavarmi i denti con la mano sinistra, ho iniziato a fare forza sul volante con la mano sinistra, ho trovato il modo di impastare il pane con una mano sola ecc ecc ecc.
E nel frattempo ho vissuto la mia vita tutta intera:
le apprensioni per la mia nuova professione, i racconti di mio figlio riguardo ciò che gli accade quotidianamente, il mio cane supermorbido e giocherellone, i miei familiari con tutte le loro vicissitudini e il loro affetto, le mie amicizie, i miei corsi, il mio mare, i miei libri, i miei film, il mio pane fatto in casa, la mia scrittura ecc ecc ecc.
Questo è il secondo esempio tratto dalle mie vicissitudini
Qui andiamo più indietro, molto di più, quando non ero per niente “zen” come potrebbero descrivermi ora, così anche chi potrebbe obiettare, che per fare certi ragionamenti bisogna essere “bravi”, può constatare che invece possiamo farlo tutti e sempre e che “bravi” è sempre relativo.
Un paio d’anni dopo essermi sposata è saltato fuori che soffrivo di endometriosi in modo piuttosto grave e dopo l’intervento chirurgico, a cui mi sono dovuta sottoporre, il verdetto è stato: “figli mooooolto difficile, se non impossibile”.
Anche in questo caso è stato inaspettato e repentino e anche qui sono passata attraverso un’ampia gamma di stati emotivi dalla sorpresa alla delusione, dalla tristezza allo scoramento, ma poi ho preso in mano la situazione per quella che era.
Anche qui ho avuto le solite due scelte:
- La prima imprecare e maledire tutto e tutti ecc ecc ecc
- La seconda semplicemente chiedermi cosa avrei potuto fare se desideravo davvero avere un figlio.
E così ho scelto.
Abbiamo iniziato l’iter per accedere alla fecondazione in vitro. Ho imparato molte cose da quell’esperienza, su di me, su di noi, sulla sanità italiana, sulla politica italiana, su chi mi stava intorno, sui miei amici ecc ecc ecc. I tentativi però non hanno portato ad alcun risultato se non quello di essermi ripetutamente imbottita di ormoni.
A quel punto ho avuto di nuovo due scelte:
- La prima imprecare e maledire tutto e tutti ecc ecc ecc
- La seconda iniziare a pensare al vero significato completo della maternità, quella universale.
E di nuovo scelto.
Ho imparato moltissimo su di me e sul mio compagno e su tutti coloro che mi erano vicini in quel periodo. Ho iniziato a informarmi e ho scoperto che esistono innumerevoli modalità di essere genitore e non necessariamente di un altro essere umano, ma anche di un’idea o di una passione e se vuoi esserlo di un essere umano non devi necessariamente generarlo fisicamente, puoi generarlo spiritualmente.
Mi sono interrogata e ho preso coscienza del fatto che essere genitori è avere a cuore il bene di un altro individuo e accettarlo incondizionatamente. Probabilmente se tutto fosse andato liscio tra le mura di casa nostra, il mio livello di consapevolezza in merito sarebbe rimasto molto più basso per molto tempo, mentre crescevo il “figlio perfetto”.
Questa presa di coscienza invece mi ha portata, per tutta un’altra strada, ad accogliere prima e ad adottare poi mio figlio e a vivere con lui un’avventura fantastica e assolutamente inaspettata.
Se vuoi conoscere meglio questa parte della mia storia, qui trovi l’ articolo che la mia cara e bravissima collega Donata Santato ha pubblicato su di me e quel periodo della mia vita, all’interno della sua rubrica “Il talento delle mammme”.
Analizzando a posteriori entrambi i casi di ostacoli piombati sul mio cammino, posso dire che mi sono stati proposti e ho avuto la scelta, ho scelto e ho vissuto la vita che avevo, con gli strumenti a mia disposizione, al meglio che ho potuto.
Questo mi ha permesso di essere felice durante tutta l’esperienza cioè per molti anni della mia vita.
Non intendo dire che non ci siano stati i momenti difficili, il dolore, lo scoramento, la fatica ecc ecc ecc. Ma quelli ci sarebbero stati anche col braccio destro funzionante o con un figlio naturale sotto il mio tetto, perché questa è la vita.
La differenza -e grande- è stata che io sono stata felice mentre vivevo le esperienze e l’importante è soprattutto che puoi esserlo Anche Tu mentre vivi le Tue.
Inoltre ti accorgerai che questa felicità, che ti permetti, è anche il motore che ti porta oltre l’esperienza che stai vivendo.
Chiudo con un racconto di Nisargadatta Maharaj “-Tat tvam asi- Quello tu sei” che ho ascoltato la prima volta raccontare dalla dottoressa Poli -mia guida e ora mia formatrice- durante il convegno “Dialoghi sulla coscienza” e che per me è stato illuminate; spero lo sarà anche per te.
E’ la storia di lui che in India faceva il tabaccaio.
Un giorno per strada c’era un maestro che predicava, lui vede la folla di persone che ascoltano, si avvicina e dice: “posso ascoltare anch’io anche se sono soltanto un tabaccaio?”.
Si fa un gran silenzio, la folla si apre e il maestro lo guarda e gli dice: “imbecille, tu non sei quello!”, tutti zitti che lo guardano, poi la folla si richiude e lui rimane lì e non capisce, ma ci pensa … per anni ci pensa e ci ripensa, “tu non sei quello, tu non sei quello …” poi capisce, si illumina e capisce:
“tu non sei mai quello,
tu non sei mai soltanto quello che stai facendo,
tu non sei mai solo quello che stai vivendo,
tu non sei mai soltanto la tua malattia,
tu non sei mai soltanto quello che è qua, così, a leggere,
tu non sei mai SOLO quello.”
Cioè:
“tu sei quello che non è mai quello”.
Ti lascio con alcune domande:
- avevi mai visto le cose sotto questo punto di vista?
- che sensazioni provi se guardi così la tua difficoltà del momento?
- pensi che avere questa consapevolezza possa essere uno strumento per approcciare le esperienze in modo più utile al tuo benessere?
Dalle risposte che darai a queste tre semplici domande potrai iniziare fin d’ora a “misurare”:
- il tuo livello di identificazione, o ancora meglio se si tratta di “disidentificazione”,
- il tuo livello di felicità istantanea
e quindi a esserne consapevole.
Ora che sai che c’è la possibilità di scegliere, questo è un ottimo punto di partenza per incrementare la tua “dose di felicità istantanea” qualunque sia l’esperienza che stai vivendo.
Se vuoi approfondire questi temi, ho creato un gruppo facebook “Cambia Animo sa Mente: C.A.M. Change! Act! Move!” in cui puoi trovare ogni giorno spunti e suggerimenti oltre ad avere un filo diretto con me e godere del supporto di tutti coloro che nel grupp ocondividono le loro difficoltà i loro progressi sulla strada del cambiamento.
Puoi accedere immediatamente da qui rispondendo a 3 semplici domande.
Se sei interessato a scoprire come posso aiutarti a individuare le tue scelte e ad applicarle, per godere di tutta la felicita istantanea, ma anche di quella duratura, che ne può scaturire, puoi venire a vedere qui in cosa consiste un percorso di coaching integrato.
Per ogni situazione c’è un percorso specifico e personalizzato di cui puoi leggere cliccando qui.
E da questo link accedi alle parole di chi ha già scelto il proprio percorso insieme a me.
Non è necessario aspettare di ammalarsi per decidere di cambiare qualcosa.